Nove anni dopo il precedente doppio live "Alchemy" i Dire Straits escono sul mercato con un disco che immortala l'essenza della loro ultima fatica, il tour mondiale seguìto alla pubblicazione di "On Every Street" nel 1991. La volontà è quella di pubblicare un album senza copiare se stessi, cercando quindi di non riproporre gli stessi pezzi presenti nel precedente live; scorrendo la tracklist si nota infatti subito la mancanza di alcune pietre miliari, quali ad esempio "Sultans Of Swing" o "Tunnel Of Love", che erano stati comunque regolarmente eseguiti durante le tappe della tournè. Le riproposizioni si limitano a due sole canzoni, che se confrontate con le versioni registrate dal vivo dieci anni prima diventano testimonianza di quanto la raffinatezza dei suoni, la qualità delle esecuzioni e, non ultima, la bravura di Mark Knopfler e compagni dal vivo sia migliorata ulteriormente nel corso degli anni, se possibile. Ebbene sì, è possibile: "Romeo And Juliet" suona sontuosa come non mai, eterna dichiarazione d'amore disperato che farà sognare fino a che esisterà del bene a questo mondo, mentre "Private Investigations", sempre cupa e cavernosa, viene qui portata al suo massimo splendore smussando un poco quella minimalità che l'ha sempre caratterizzata: i passaggi strumentali suonano infatti molto più ariosi.

Le novità passano quindi attraverso i brani presi dai due album in studio pubblicati dopo "Alchemy": dall'ultimo lavoro "On Every Street" vengono proposte l'iniziale "Calling Elivis", "Heavy Fuel", "You And Your Friend" e "On Every Street" mentre dal suo pluripremiato predecessore "Brothers In Arms" arrivano "Walk Of Life", "Your Latest Trick", "Money For Nothing" e, appunto, "Brothers In Arms". Quello che colpisce maggiormente in questo live è la perfezione delle esecuzioni, che rende ogni pezzo superiore alla corrispondente versione in studio. Mark Knopfler sovrasta qualsiasi cosa gli si pari davanti, la divora, il maestro stempiato che 15 anni prima ha dato vita a quella macchina d'emozioni che sono stati i Dire Straits è giunto ora come non mai ad essere il demiurgo del suo mondo di note, ogni cosa ruota attorno a lui e da lui aspetta un cenno, un bending, un qualsiasi segnale della sua chitarra, naturale prosecuzione delle sue braccia. Muovendosi con una tranquillità e una sicurezza che lo rendono di marmo, signore, idolo, accarezza le sue sei corde facendole cantare, dirige un'orchestra che ha in lui l'unico e solo punto di riferimento e quando all'istante 0:45 della conclusiva "Brothers In Arms" le prime ruvide note della sua chitarra fanno il loro ingresso sul tappeto sonoro preparato apposta ci si rende conto che quello, esattamente quello, è uno dei momenti più rassicuranti che esistano.

A supporto comunque ha una band che fila a meraviglia: Paul Franklin alla pedal steel guitar dimostra di saperci fare quando Knopfler gli lascia spazio, vedi il pregevole assolo in "Walk Of Life", Chris White crea atmosfere morbide col sax e in "Your Latest Trick" fa il comprimario, alle tastiere Guy Flecther dimostra di essere di essere un ragazzo solo anagraficamente mentre Alan Clark un veterano. Questo giusto per citarne alcuni. E poi c'è John Illsey, unico fido compagno del maestro ad averlo seguito dagli inizi nei fumosi pub di Londra fino a qui, all'ultimo saluto di una band plasmata attorno ad un unico padre e padrone che da questo momento si toglierà i polsini e la bandana per seguire una carriera solista che lo vedrà sempre più distante dalla dimensione di rockstar, anche se continuerà comunque a riempire i concerti in ogni ordine di posto, seduti, in piedi o sdraiati.
 Ultimo saluto, e grazie di tutto.

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