Math-Rock? Se volete...ma in realtà What Burns Never Returns dei Don Caballero è molto di più, è quello che in ambito rock più si avvicina agli esperimenti più astratti dell'avanguardia jazz, è pura ricerca sonora.

Dopo il potente For Respect e l'irruente e caotico II la dirompente energia della band viene imbrigliata e messa al servizio delle forsennate sperimentazioni strumentali. Non che nei precedenti album si parlasse di roba scontata, anzi, ma se prima si aveva l'impressione di una incontrollata creatività che non riuscisse a trovare la direzione verso cui dirigersi, adesso tutto sembra meditato e progettato fin nei più minimi dettagli per erigere un'architettura musicale la cui geometria è stupefacente.

Spariscono quasi del tutto i potenti e anarchici riff, che erano stati il punto di forza dei precedenti lavori, per far posto a delle "percussoniche" e saltellanti chitarre che amano ripetersi all'inverosimile con minime variazioni. Anche la sessione ritmica viene anestetizzata a favore di sincopi più precisi e schematici; i pezzi sono scanditi da continue salti da un pattern ad un altro con incastri perfetti (esemplare è "Don Caballero 3") e la melodia viene spazzata via in favore di infide geometrie musicali (vedi la stupenda "Room Temperature Suite") e acide spigolosità ("From The Desk Of Elsewhere Go"). Un album certo di non facile ascolto, ma di una bellezza che splende di luce propria. D'altronde i Don Caballero non vogliono ammaliare, non cercano il bello, sono dei cacciatori di suoni, degli architetti alla ricerca di nuove e strambe armonie. Ogni cosa sembra al suo giusto posto, ma non lasciatevi ingannare, le composizioni di quest'opera sono quanto di più astratto e destrutturato il rock strumentale contemporaneo è riuscito a produrre.

In effetti What Burns Never Returns non è un album nel senso comune del termine. Non vi si trova un inizio e una fine, non una regolare struttura che lo pervade. Sembra più apparire come una matassa inestricabile di suoni dalla contorta geometria. I Don Caballero, nel tentativo costante e spasmodico di ridefinire il concetto di rock, di cercare quel punto d'arrivo, quell'oasi felice in cui crogiolarsi, sfornano  un qualcosa che sembra più un trattato musicale, un decalogo su ciò che il rock può essere al tempo d'oggi. I Don Caballero che erano stati tra i primi gruppi ad aggiornare il rock strumentale alle nuove sonorità imposte dai gruppi della prima generazione post-rock, giungono ad un qualcosa di completamente nuovo ma non ancora definito, una tappa di un percorso che non ha realmente una meta. La grandezza di gruppi come questo sta forse proprio nella continua ricerca che non si adagia sul già fatto (lo dimostra il nuovo progetto intrapreso da Ian Williams con i Battles, ma questa è un'altra storia).
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