Torniamo indietro di dieci anni. Dimentichiamo l'ultimo (tremendamente manieristico) “Punkgasm”. Si parla del 1998, prole Slint, Touch and Go Records. Si parla della vera line-up Don Caballero. Si parla dei fondatori Damon Che (batteria), Mike Banfield (chitarra), Pat Morris (basso) e l'entry del '92, fondamentale per determinare la futura anatomia della band, Ian Williams (chitarra). Si parla di “What Burns never returns”.

Questo, unico e immenso teorema i cui corollari sono gli stilemi del post-rock odierno. Appunto importante è la formazione, un anno prima, da parte di Ian, del side-project Storm and Stress: se i Don Caballero dei precedenti lavori assaltavano lo spazio, creandone una geometria perfetta, assoluta, riempendolo di fraseggi frippiani (affiora esplicita la lezione crimsoniana), facendolo esplodere di preziosismi, distorsioni apocalittiche, sperimentazioni empiriche, erudizioni jazzistiche, questi lo svuotano (ed è qui che si sente l'influenza Storm and Stress), ne istintualizzano le proporzioni, rarefacendo le dimensioni dello spazio, lasciando respirare il tessuto sonoro.

“Don Caballero 3” apre l'album: l'intesa fra Damon e Ian è cerebrale, intensa, e i riff (quasi metal) di chitarra si fanno sfumature, leggere, loopate all'infinito, esasperate, accompagnate (sempre che il lavoro di sua maestà Che alla batteria possa essere sminuito ad “accompagnamento”) dai controtempi e dalle sincopi di una batteria quanto mai incisiva e determinante nel dialogo. Ed è un'evoluzione reciproca, spontanea e tacita: le chitarre si fanno tappeto e Che sublima in virtuosismi emblematici. E poi “Delivering Groceries at 138 Beats per Minute”: una chitarra ghignante, capricciosa nelle sue sincopi, granitica. Si raggiunge una contaminazione assoluta di free-jazz, avanguardia, heavy-metal; si ritrovano perfino gemme post-hardcore di stampo fugaziano.

L'emblematica “Slice Where You Live Like Pie” si compone di un tappeto rumoristico selvaggio, dove gli assoli iperbolici sono costretti in gabbie spaziali, dove urlano morendo. Ed è questa libertà riscoperta, questa ingenuità calcolata nell'istinto del momento che si fa tema di tutto l'album. Si viene quindi a formare uno di quei capisaldi stilistici di un'intera generazione, causa poi del naturale declino del gruppo.

Manifesto visionario, davvero avanguardistico (se non profetico), che risulta un approccio perfetto all'universo Don Caballero.

Carico i commenti... con calma