Fa uno strano effetto ritrovarsi tra le mani questo "World Class Listening Problem". Eppure non dovrebbe. Voglio dire, non esiste una garanzia di qualità migliore del marchio Don Caballero, ma stavolta so che qualcosa di diverso c'è.
Si, dovrei essere entusiasta del ritorno dei miei matematici preferiti (probabilmente gli unici) dopo tanta assenza dalle scene, però la verità è che quelli che ho tanto ammirato negli anni scorsi hanno concluso, molto probabilmente definitivamente, il loro impetuoso cammino. Quelli che mi ritrovo ad ascoltare sono pallidi imitatori dei maestri, supplenti quantomeno competenti, ma senza la verve e la genialità che ha contraddistinto i padri caballeriani. Il superstite della formazione originale è colui che è stato negli anni il vero e proprio motore del sound, Damon Che Fitzgerald, che dà sfoggio ancora una volta di una classe senza tempo, ma in questa occasione sembra quasi percuotere col freno a mano tirato, senza l'incontrollata rabbia schizofrenica del passato.
La title-track e le esotiche "Palm Trees In Fecking Bahamas" e "I'm Goofballs For Bozo Jazz" sono esempi lampanti di un certo ammorbidimento della proposta in favore di un format più semplice, meno psichedelico e più progressivo. L'aggressività di un tempo torna a fare da padrona nei riff ossessivi della minacciosa "And And And, He Lowered The Twin Down" (I titoli sono rimasti sempre di facile interpretazione), prodigiosa nel suo incedere folle, intervallato a momenti di quiete apparente. Il pezzo riesce a mantenere un certo equilibrio di fondo e non si perde in futili virtuosismi. Il Damon più inspirato è quello dell'iniziale "Mmmmm Acting, I Love Me Some Good Acting", dove il nostro dà lezioni di anarchia percussionistica memorabili, mentre un sottile vento post-rock attraversa e lambisce l'elegante "Railroad Cancellation". La sperimentazione di "Theme From Bricktop Clowns" è trascurabile, mentre "I Agree....No!....I Disagree" rappresenta il cuore dell'opera; brano incantevole in cui le chitarre conducono la cavalcata, prima di sfociare in un caos rumoristico debordante, intervallato a le rullate non-sense di Fitzgerald. Il grosso dell'album è qui, le tracce sono perlopiù tutte pertinenti ed apprezzabili, ma difettano in personalità.
Il lavoro è da considerarsi nel complesso sufficiente, per quanto inutile. Mentre Ian Williams ha dato vita ad alcuni progetti musicali ambiziosi, segno di una continua e crescente ricerca sonora, Damon ha preferito cimentarsi in uno sterile esercizio di stile, che per quanto ben fatto e ottimamente prodotto, non aggiunge una virgola a quello che i Don avevano realizzato un decennio fa.
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