Capita, a volte, che l'album della definitiva consacrazione delude fans e aspettative. Capita, a volte, che la delusione non è dovuta tanto alle song ma bensì alla registrazione. Infatti il punto debole del quarto album in studio della band lombarda è proprio la registrazione.
Curata ancora una volta dalla Dragonheart, la messa a punto dei suoni non raggiunge la pulizia del passato, che già non faceva gridare al miracolo. In diversi pezzi la voce del singer Deathmaster è completamente sovrastata dalle chitarre e dagli altri strumenti e sebbene per l'epic una registrazione scarna a volte ha finito con l'essere un punto forte, nel caso di "My name will live on" non è così. Difatti la proposta dei cinque nostrani è troppo complessa per poter accettare una cura così infame delle sonorità.
Ispirandosi questa volta alle guerre transalpine tra i Romani e i Galli, i Doomsword virano leggermente la loro proposta spingendo il piede sull'accelleratore e abbandonando in parte quelle partizioni drammatiche e marziali degli album precedenti. Le song si accorciano, il pathos diminuisce, ma la carica epica e trascinante rimane la stessa. "Gergovia" è il connubio perfetto tra l'epicità "celtica" del gruppo e la potenza senza fronzoli dell'heavy metal più diretto. Su queste coordinate musicali vedono la luce anche il resto dei pezzi: dalle veloci e aggressive "Days of high adventure" e "Steel of my axe" alle più oscure e cadenzate "Thundercult" e "Claidheamh solais". Da notare la maggiore presenza della chitarra solista, che negli album precedenti aveva invece minore spazio. Tutto questo non fa che donare maggiore carica e velocità alle tracce, sempre imperniate però del classico pathos, marchio di fabbrica inconfondibile dei Doomsword. In questo senso straordinariamente "nordica" è "Once glorious" più vicina alla produzione passata. L'inizio arpeggiato, il susseguirisi di riff granitici e il cantato teatrale ed espressivo del singer fanno di questa song la migliore del platter.
Nonostante quindi l'ottimo livello qualitativo dell'album che non ha cali di tono evidenti, la registrazione "impastata" e a mio giudizio superficiale ha reso questo My name will live on un album lontano dal classic sound della band. La drammaticità evocativa dei lavori precendeti è in buona parte persa, ma la bravura nel creare composizioni oscure e complesse è rimasta intatta. Dispiace per l'insufficiente lavoro svolto dalla casa discografica Dragonheart. Voto 3,5.
1. "Death Of Ferdia" (7:24)
2. "Gergovia" (5:57)
3. "Days Of High Adventure" (4:29)
4. "Steel Of My Axe" (4:08)
5. "Claidheamh Solais" (6:44)
6. "Thundercult" (5:18)
7. "Luni" (4:53)
8. "Once Glorious" (8:22)
9. "The Great Horn" (7:33)
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