Uh-oh! Ci fanno notare che questa recensione compare anche (tutta o in parte) su "100 Dischi Ideali Per Capire Il Rock" di Ezio Guiatamacchi

Quando, alla fine del 1976, le dolci melodie di "Hotel California" cominciavano a passare incessantemente nelle radio di tutto il mondo, nessuno era in grado di percepire cosa si nascondesse dietro quelle canzoni apparentemente pacate, dietro a quelle armonie vocali perfette, dietro quelle romantiche note di chitarre tipicamente west. Sembrava solo il nuovo favoloso lavoro della miglior band country-rock americana. Solo quando si comincia a prestare più attenzione all'inquietante testo della titletrack trapela qualcosa di quello che si nascondeva dietro il nuovo disco degli Eagles. Ciò che emergeva non era molto bello a vedersi.

A vent'anni da quei giorni, quando la storia è stata ricostruita da interviste e biografie, essa appare come un doloroso ritratto di decadenza, di invidia, di lacerazioni interne; in perfetto stile rock, ma molto vicino allo spettro della morte. Infatti questa è una storia di droga e di rock'n' roll. Di gelosia e di invidia. L'altra parte della California assolata, dove sfilano le belle ragazze. Eppure già le immagini, a cominciare dalla copertina, avrebbero dovuto far capire qualcosa: quel maestoso hotel alla luce di un tramonto apparentemente tranquillo ma che riflesso in quelle luci blu e nelle ombre incipienti appare assai gelido; i cinque membri della band all'interno, con quei volti sfatti come se fossero passati attraverso le fiamme dell'inferno; e infine quella hall lussuosa abbandonata, eccetto per una figura in lontananza che spazza, come se nulla fosse, il pavimento.

Un po' di storia, allora: quando gli Eagles si accingono ad entrare ai Record Plant Studios di Los Angeles nel marzo del 1976 sono la band più popolare degli Stati Uniti. Una carriera quella degli Eagles breve ma folgorante, che ha fatto del country-rock la formula più di successo in America. Per questo disco si dovevano comunque trovare strade nuove. Le registrazioni avvengono in un clima per nulla sereno. Basta questo episodio per capirlo. Una sera, mentre si trova nella casa da lui affittata per quel periodo, Meisner sente bussare alla porta. Sono Don Felder e Joe Walsh con il volto stravolto. Dissero che stavano rovinando tutto. Durante quegli otto mesi in studio i cinque consumarono quantità industriali di cocaina, mettendo a dura prova il loro fisico e il loro sistema nervoso. Risulta difficile credere che un gruppo di persone che si odiano tanto abbia potuto produrre un disco così bello; eppure è successo.
Tutte queste sensazioni traspaiono evidenti, a cominciare dalla title-track, l'addio al sogno della California, quella delle buone vibrazioni e del "pace & amore". Dal testo si capisce che il sogno è divenuto un incubo claustrofobico, l'hotel che rappresenta la California del successo è un posto pieno di pericoli da cui nessuno potrà mai andarsene. Lo splendido cambio di assoli nel finale tra le chitarre di Felder e quella di Walsh porta tutto a svanire nella nebbia della musica. La California è vista come un microcosmo nel quale si riflette il resto del mondo.

Alla fine delle registrazioni, Frey e Henley, nonostante tutto sono soddisfatti del risultato: infatti dichiararono che da ora in poi gli Eagles non scrivevano solo canzoncine da classifica. "Hotel California", consciamente o no, è un concept album, tra l'altro pubblicato giusto in tempo prima che l'anno del "Bicentenario" e i relativi grandi festeggiamenti per i duecento anni di esistenza degli Stati Uniti, volgano al termine. Un concept album dove lo stile di vita della cosiddetta "California del Sud", cioè il mondo delle star e del cinema, viene amaramente denunciato attraverso la storia del "nuovo ragazzino in città" che aspira al successo arrivando poi a vivere una "vita nella corsia di sorpasso" per finire rinchiuso nel finto paradiso dell'Hotel California dove finalmente capisce che è stato tutto "tempo sprecato".
Questi concetti sono espressi in "New Kid In Town", "Life In The Fast Lane", "Wasted Time" e nella stupenda "Hotel California", la canzone capolavoro dell'album, nonché la più famosa. In "The Last Resort" alla fine aleggia una speranza, quella della resurrezione. Henley e Frey sicuramente avranno tiranneggiato i loro compagni, ma non si può dire che il risultato abbia dato loro torto: l'unico brano composto da Randy Meisner, la pur carina "Try And Love Again", è un innocuo country-rock come quello che apparteneva al passato degli Eagles e c'entra ben poco con il resto del disco, con la complessa struttura pianistica, vocale e orchestrale di brani magnifici. Joe Walsh, per conto suo, firma l'hard rock in "Life In The Fast Line" che annuncia il futuro degli Eagles, quelli di "The Long Run". L'unico contributo dell'altro membro della band, Don Felder è "Victim Of Love", composta però insieme a Frey e Henley.

A tutt'oggi questo disco ha venduto più di dieci milioni di copie. Ma l'Hotel California sta già chiudendo i battenti, e per chi si è attardato dentro non c'è più speranza. I venti del punk stanno già soffiando forte intorno al suo edificio, e adesso non è più il tempo di "sognare la California". Il viaggio è finito.

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