"Portarsi dentro il peso dei rimorsi, questo mette paura alla gente" (Clint Eastwood "Lo straniero senza nome", 1971)

Quando ascolto questo disco non posso fare a meno di pensare semmai Nick Sanderson abbia mai avuto il rimorso di aver contribuito alla discesa negli inferi di Jeffrey Lee Pierce. Sapete, io voglio troppo bene a JLP che considero l'incarnazione del loser anni ottanta, quasi dimenticato interprete della figura del maledetto in disgrazia con il cuore messo a dura prova dalle delusioni d'amore e dagli abusi di droga e alcool. Nick era il batterista dei gelidi Clock DVA quando entrò a far parte dei passionali Gun Club. E con loro imparò ad amare portando via con sé Romi, la ragazza giapponese di Jeffrey, lasciandosi alle spalle  un uomo vuoto che per il dolore si spense appena due anni dopo.

Proprio in quel maledetto 1996 Sanderson, assurto a qualità di frontman, aveva pubblicato il primo il disco degli Earl Brutus, il nuovo gruppo costituito assieme ai due ex WOT Gordon King e James Fry (il fratello di Martin degli ABC). Vista la provenienza dei personaggi e le loro frequentazioni (tipo Pulp) furono catalogati nel filone brit pop in auge, e tale "bollatura" rimase impressa anche per il loro secondo disco del 1998, questo straordinario caleidoscopio glam dei tempi moderni chiamato "Tonight You Are The Special One". 

Brit pop?!? Ma secondo voi, uno che ha scandagliato i ritmi frattali alle dipendenze dell'hacker delle sette note Adi Newton e poi cavalcato il sacro furore del punkblues con JLP,  può mai mettersi a fare musica come  un fratello Gallagher qualsiasi?  Prendiamo ad esempio "Edelweiss", la prima cosa che viene a mente sono i Kraftwerk con quel cantare androide filtrato dal vocoder, la chitarre dannatamente heavy con le ritmiche che invece battono sul danzereccio. Ma che genere suonano questi? Sono capaci di mischiare il rock straccione con l'elettronica krauta, il glam, il pop barocco, il dark, il progressive e il rave tutto in un unico calderone. Magari a qualcuno potrà sembrare un'accozzaglia di generi senza una via maestra da seguire, una banderuola in balia di sbuffi musicali incoerenti, l'incapacità di essere normali.  Metto un pezzo a caso: "Your Majesty We Are Here " inizia con tastiere pesantemente prog ma subito dopo si lanciano nella mischia corpo a corpo al grido di quel yeyeyeyeyeah che consuma le pillole, i brividi e i mal di pancia di tutti i club di Manchester.

 Il disco lo avevano aperto con i ritmi apocalittici di " The SAS and the Glam That Goes With It", capace di mischiare l'ironia cazzona dei Tubes con la ferocìa dei Fall in una botta sola, un inno dal riffone contagioso che vale il prezzo del biglietto (e come bonus ti regalano pure una coda robotica alla Ralf und Florian!) Non ti danno il tempo di respirare che con "Universal Plan" piazzano un'altra gemma heavy glam rock, tamburi tribali e canto selvaggio di Nick sulle orme del guru Mark Stewart. Ma quella che mi ha sinceramente commosso fino alle lacrime è "Midland Red", un'eterea ballata psichedelica alla Flaming Lips, attraversata in lungo e largo da traccianti di synth spacerock, che sfocia improvvisamente nelle atmosfere care ai Joy Division: quelle con il basso stracciacuore di Peter Hook e la voce disperata di Ian. Parecchi di noi faranno i conti con questo pezzo e con i propri fantasmi. E con il resto del disco: il punk di "Male Wife", la magnifica decadenza di "East", le virate psichedeliche alla Pink Floyd con ( "Don't Die Jim") e senza ("99p" )  Syd Barrett, il perfetto hit  per un  rave  screamdelico  con "Come Taste my Mind".

 Giuro che, seduto in carrozza ascoltando nelle cuffiette la preghiera sintetica di "God, Let Me Be Kind", avrei proprio voluto incontrare Nick mentre prestava servizio come macchinista sui treni che collegano il Surrey a Londra, una volta che il progetto Earl Brutus raccattò appena due lire per fallire dopo quest'album. E magari chiedergli se avesse paura.

Ormai è tardi, un paio di anni fa ha raggiunto Jeffrey e di certo avranno fatto pace. Scommetto il mio vecchio giradischi che ancora una volta stanno suonando  assieme il mio pezzo preferito.

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