Se per qualche ragione fossi incaricato di redigere una biografia parziale degli Editors, occorrerebbe partire facendo una cesura nella loro carriera tra una prima fase di cui fanno parte i primi due dischi e una fase successiva che abbraccia i successivi due dischi.
Una prima fase ricca di soddisfazioni per loro e il pubblico, la cui stella polare fu il loro esordio “The Back Room” una seconda iniziata invece in maniera sufficiente con “In This Light and In This Evening” e continuata male due anni fa con il mediocre “The Weight Of Your Love”….ed è qui che cade come pioggia dal cielo “In Dream”.

E per quanto il mio istinto non mi faceva presagire niente di buono, si assiste ad una parziale correzione e ritorno su vie accettabili, che prova a mettere da parte lo scimmiottamento dei peggiori Coldplay, riprendendo da un lato in mano le atmosfere sintetiche del terzo disco e aggiungono di tanto in tanto una spruzzata affatto sgradita dei The National.

Un disco quindi che per quanto abbia i suoi singoli pronti all’uso, stavolta propone melodie più furbe e meno pacchiane del passato.

Si apre in sospensione sulla punta dei piedi minimal della scarna “No Harm” ed è subito notte fonda. Un pezzo lento e opprimente, che rimarrà un unicum in scaletta.

Editors che ospitano, metaforicamente si intende i The National, Babbo Natale e le renne in “Ocean Of Night” un misto di luci colorate e di buone vibrazioni, dove risalta il timbro caldo di Tom Smith. Uno tra i pezzi più facili da memorizzare, ma anche punto alto del disco insieme alla sognante “The Law” che vede l’ospitata di Rachel Goswell (Slowdive) che riesce a dare un positivo apporto dando vita con il suo magnetismo ad atmosfere tenui ed eteree.

In “Forgiveness” ritornano in gioco le chitarre, in un disco che le vede recitare il ruolo della minoranza PD e il risultato si fa apprezzare, nonostante continui a chiedermi se questi pre-chorus trionfali mi piacciano o no.

Da qui in poi è un blackout, che riporta indietro le lancette indietro di un paio di decenni e con “Salvation” comincia la sagra del sintetizzatore, che prende il sopravvento, almeno fino a “Marching Orders”.

Per quanto i pezzi degni di nota stiano maggiormente collocati nella prima parte di scaletta, con “In Dream” gli Editors ritornano su livelli consoni al proprio nome e variando un po’ tra i vari registri confezionano un disco che non spiccherà nelle prime posizioni dei migliori dischi dell’anno, ma che comunque da un segnale importante per il futuro.

Il fischio del capitano, il rumore dei motori: la nave prova a ripartire da qui.

Al prossimo porto.

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