Siamo nel 1974: Edoardo Bennato pubblica il suo secondo album (o LP per usare il "linguaggio dell'epoca"), "I buoni e i cattivi" appunto. Già dalla copertina si intuisce che siamo di fronte ad una sorta di concept album sulla eterna dicotomia buoni-cattivi e che tale differenziazione non sia poi sempre così netta: nella stessa compaiono infatti lo stesso Edoardo ed il suo amico dj napoletano Raffaele Cascione, girati di spalle, vestiti da carabinieri ed ammanettati l'un l'altro vicendevolmente. Il clima musicale che pervade tutto il disco potrebbe essere definito blues-rock-folk "acustico", eseguito da Bennato in versione "one-man-band": suona contemporaneamente tamburello a pedale, chitarra a 12 corde, armonica a bocca e kazoo. Anche se nell'album sono presenti altri validissimi musicisti: Eugenio Bennato al mandolino e mandoloncello, Tony Esposito alla batteria ed alle percussioni, Bruno Limone al basso ed Andrea Sacchi alla chitarra. I testi del disco sono ironici, dissacranti, pungenti, sarcastici, "politici". "Ma che bella città" e "Tira a campare" parlano della sua amatissima Napoli; il secondo in particolare, per il sottoscritto, è uno dei pezzi più belli di sempre, in quanto viene evidenziato che, nonostante tutti i problemi che possa avere Napoli, alla fine "è meglio qua: qua almeno, bene o male, c'è ancora un pò d'umanità": come dargli torto? Visione inoltre sempre attualissima. "Che fortuna" parla di una giornata inziata di merda, proseguita peggio ma finita benissimo ( Ma che schifo di giornata era stata neanche una ne avevo ingarrata però poi che fortuna: quella tenda vicino alla mia era sua: che dite, si parla di sesso?). Ne "La bandiera" e "Bravi ragazzi" si ironizza pesantemente sulle istituzioni, così come del resto nella già citata "Ma che bella città". "In fila per tre" forse è il pezzo più celebre dell'album: qui viene presa di mira l'istituzione scolastica (ma non solo), la quale anzichè "fare il suo mestiere" sembrerebbe servire solo ad insegnare ai (sudditi, verrebbe da dire) le regole da rispettare nella vita. Ma viene preso di mira anche il metodo di insegnamento scolastico: emblematico in tal senso è il passaggio "E ricordatevi i libri di storia: noi siamo i buoni perciò abbiamo sempre ragione e andiamo dritti verso la gloria". L'arrangiamento "orchestrale" di Roberto De Simone rende il pezzo bellissimo anche musicalmente. "Uno buono" è un attacco diretto all'allora Presidente della Repubblica, nonchè conterraneo di Bennato, Giovanni Leone, accusato in pratica di immobilismo ("Fà qualcosa se sei uno buono). "Facciamo un compromesso" sembrerebbe un pezzo "innocuo", ma in realtà è un attacco al PCI (No, no, no, no, aspettare più non posso e va bene sì, se proprio vuoi facciamo un compromesso). "Arrivano i buoni" è probabilmente dedicata alle Brigate Rosse, ed alla fine del pezzo si sente Edoardo intonare col kazoo sia "Faccetta nera" che "Bandiera rossa": in pratica l'apoteosi della (spesso) falsa distinzione buoni-cattivi. Chiude il disco, non a caso, il pezzo forse più sarcastico di tutta l'opera: "Salviamo il salvabile": Abbiamo fatto una bella riuscita a questo punto la mela è avariata io me la vedo brutta ma salviamo il salvabile. Per completezza bisogna dire che in quest'album viene anche "ripescata" dal disco precedente la bellissima, sia per il testo (di Patrizio Trampetti) che per la musica (di Edoardo) "Un giorno credi", ormai un classico non solo di Bennato ma di tutta la musica italiana, per chiudere in bellezza questo già di per sè bellissimo disco. So che c'era già un'altra recensione di questo album, ma volevo "completarla" con le mie considerazioni. Buon ascolto a tutti. Se volete, naturalmente.

Carico i commenti... con calma