Quasi un solo project formato dal cantante Anthony (anche chitarra e basso), affiancato dai compagni James (batteria, basso, chitarra acustica, percussioni) e Dieudonnee (female vocals e piano), gli australiani Elegeion giungono alla loro seconda release firmando per l'americana Dark Symphonies.

Il disco comincia con la titletrack, dove a chitarre caratterizzate da riff che richiamano il doom metal più melodico si sovrappongono sapenti note di chitarra elettrica, un quartetto d'archi che impreziosisce il tutto senza mai eccedere e scadere nel mieloso… Una voce maschile che ha uno stile proprio, non è growl, non è pulita… è una voce roca, quasi sussurrata, usata in sole due tracce al meglio. Il tutto culmina nell'arrivo della voce della bella Dieudonnee… a differenza delle sempre più numerose colleghe nel campo del Gothic Metal, l'australiana sembra varcare i confini - ormai stretti e ripetitivi - del genere. Sembra di avere a che fare con una cantante pop alla Britney Spears, ma dotata di talento e con la capacità di trasmettere emozioni. Per la seconda traccia - "Scars" - non si può parlare di doom, essendo una canzone per piano - suonato egregiamente dalla stessa vocalist - archi e voce femminile. Si ha la sensazione di ascoltare una canzone a volte pacchiana, ma è impossibile non gridare al miracolo, quando ascoltando le sofferenti note di pianoforte cominciano a sgorgare le prime lacrime.

Dalla terza traccia i toni cominciano a calare bruscamente. Ad alzare il voto in questo caso è il violino, che nel suo intermezzo trasmette pura malinconia. Anche qui un buon uso della voce maschile, anche nel parlato. Se qualcuno sperava di ottenere sensazioni concrete e dirette - come ci si aspetterebbe da un album del genere, come quelle che le prime tre tracce sanno lodevolmente trasmettere - anche dalla quarta traccia, purtroppo resterà deluso, amaramente. A partire da questa, la voce femminile è a dir poco inutile. Ora assomiglia davvero a Britney e bisogna implorarle di stare zitta. "Taste" farà storcere il naso anche agli ascoltatori meno sofisticati e pretenziosi. Com'è possibile inserire una canzone talmente indecente in un album che qualcuno ha avuto il coraggio di definire doom? Questa scelta rimane inspiegabile, sperando che sia soltanto un caso, passo alla successiva "Heaven's torment". Qui le chitarre tornano sui lidi del doom atmosferico, ma non spingono, non sono in grado di raggiungere i livelli della titletrack, e, sebbene si possa chiudere un occhio su questo fattore, la voce di Dieudonnee non piace per niente, non è congeniale alla canzone e la fa risultare insufficiente. I livelli si alzano di poco con "Wallow" (quasi interamente strumentale) e con la conclusiva "Confusion" dove la cantante ci risparmia i lamenti di "Heaven's torment" e riesce finalmente ad essere più espressiva. Buone le chitarre e gli archi.

Questo disco avrebbe funzionato alla grande se non fosse stato concepito come un album, ma come un Ep contenente soltanto le quattro canzoni migliori. Forse in questo modo il gruppo avrebbe rischiato di creare false aspettative, perché le qualità ci sono, ma le capacità di sfruttarle sembrano mancare. Punti deboli dell'album oltre alla voce di Dieudonnee in alcuni frangenti - ricordo, per essere paritario, ottima in altri - la batteria quasi totalmente anonima e a tratti perfino fastidiosa, le chitarre che non spingono mai come dovrebbero e la voce di Anthony che risulta monotona e ripetitiva. Anche i testi poi, non sono un granché (banali, poco sentiti e molto "americanizzati"). A tratti non sembra nemmeno metal (forse colpa della landa atipica per questo genere?). Tutto sfigura brutalmente se confrontato coi lavori dei re indiscussi del genere (sinceramente, paragonarli ai Theatre Of Tragedy mi sembra sacrilego), ma anche a "nuove" band, come gli svedesi Draconian, capaci di sfornare nel 2005 un album ("Arcane rain fell") che raggiunge addirittura il lavoro fatto dai My Dying Bride nel loro periodo migliore (prima metà degli anni ‘90).

Peccato, perché con certe canzoni e una maggiore dose di impegno nelle altre quest'album avrebbe potuto riuscire un capolavoro. Ottimo, invece, l'artwork in copertina ad opera di Travis Smith.

Carico i commenti...  con calma