L'estro di questo duo è qualcosa di fenomenale, anche se i richiami stilistici saranno facilmente riconoscibili per chi è esperto di black. Davide Tiso (chitarra, sintetizzatore, voce) e Giuliano Mogicato (chitarra, basso, sintetizzatore, voce), di Padova, provocano i puristi producendo un disco figlio leggittimo degli Emperor: "Phormula". Poi lo ripropongono con i titoli modificati e qualche aggiunta di remix e del vecchio demo "Opera": "Rephormula", 2002.

Tecnicamente sono ineccepibili sia alle chitarre, che alla voce, che alle tastiere. Ovviamente non esistono Bard Faust in italia, quindi la scelta ritmica è affidata alla drum machine che permette mitragliate impressionanti. La parte melodica di ogni traccia è curata moltissimo senza abbandonare mai i canoni fondamentali del balck. Ne risulta un progressive symphonic black metal variegato da tinte di industrial e post...
Scelgo "Rephormula" per poter commentare anche i 3 pezzi del demo "Opera" che ritengo i migliori componimenti di cui sono stati capaci. Le prime 8 tracce sono quindi identiche a quelle di "Phormula" (2000), alcune hanno lo stesso titolo, altre uno completamente diverso. Userò i titoli di "Rephormula", ovviamente.

La partenza non è affatto lenta, anzi scioccante e diretta. "The Embossed" non lascia nemmeno il tempo di abituarsi alle sonorità e parte a razzo con ritmi elevatissimi, chitarre distorte a zanzara, lo screaming potente ed efficace di Mogicato e le tastiere follemente percorse a velocità impressionante in intrecci di melodie complicate e di ottima fattura. Il tutto contornato da momenti di calma apparente e cambi di tempo talmente violenti da essere quasi impercettibili. Stessa storia per "The Greyness Grows Already Old", che partendo con un pianoforte malato, sfocia in una folle intersezione di melodia, riff velocissimi, scream taglienti e voci pulite che fanno da sottofondo e da elemento apparentemente stemperante. Ancora un intro in crescendo, stavolta è "The Danza": voci pulite e suoni di pianole, flauti (ovviamente sintetizzati) che lentamente ci inducono in una progressione che accelera con l'aumentare dei secondi. L'impressione che si ha è di puro divertimento, come se i due giocassero cogli strumenti, e in effetti secondo me è proprio così. Così anche "A Flickering Warmth" ci ripropone un altro modo di introdursi in qualcosa di difficilmente comprensibile. Ancora evoluzioni di controtempi e melodie, dissonanze e tremendi riff in monocorde di basso e chitarra. Il primo e unico intermezzo acustico-tastieristico è "Myriads", che comunque anche se dura più di 2 minuti, scivola via come se facesse davvero parte del disco, nonostante sia davvero la prima e unica traccia differente dalle altre. "Phormula", come da nome è carica di veleno e atmosfere tra le più cupe create dagli Ephel Duath. La voce Ihsaniana di Mogicato stavolta è in primo piano attorniata da centinaia di soluzioni ritmiche e melodiche diverse e complementari per questo. Altra perla è "The Blow’s Rhymer" che si destreggia in labirinti di terrore e tremiti di follia, attraverso il dialogo di voci pulite e screaming feroci. "Insomnia's Desert" è il finale doverosamente studiato e rifinito per un album tanto strano quanto coerente, con il provocatorio finale che è l'intro di "The Embossed", a voler quasi chiudere un cerchio. E a questo punto troviamo 2 pessimi remix che peggiorano la qualità delle 2 originali a cui si ispirano: "Embossed", "Instinkt" (o Phormula). Il primo è un'accozzaglia di suoni rimessi insieme nel modo più assurdo possibile, molto abbinabile al noise. "Instinkt" è una visione molto più industrial e meno metal della sesta traccia, pregna di atmosfere, ma povera di comprensibilità.

"Opera I". Stavolta si torna indietro al 1998 e il black si fa enormemente più sinfonico, risultando ancora più vicino a quello degli Emperor. 8 minuti che non vanno sottovalutati e dimostrano le origini sicuramente meno sporche del presente estremamente più elettronico. Così pure "Adulta Hieme: the Magnificence" che delizia con un'intro tastieristico di quasi un minuto e mezzo, per poi mostrarsi ancora una volta grezza e poco affine all'orecchiabilità, non tralasciando le tipiche cavalcate con cambi ti tempo, di motivo e di tema principale, finendo addirittura per farci dimenticare come tutto questo è iniziato. Chiude tutto il lavoro "Falling..." che infatti ci proietta in un'atmosfera di caduta libera buia e solitaria. L'assenza di inserti vocali aiuta questa impressione. E il termine di tutto è ancora una volta sorprendente perchè si tratta di una nuova combinazione sonora, dimostrando l'infinita fertilità delle 2 menti.

In conclusione reputo questo disco un vero capolavoro, una ottima capacità di reinventare qualcosa già scritto da altri. Il paragone cogli Emperor è per forza di cose doveroso, nessuno lo smentirebbe, e ovviamente non mi sognerei mai di dire che il livello qualitativo sia lo stesso. Ma di sicuro un disco in più rende più ampia la scelta di cosa sentire quando si vuole ascoltare qualità e quantità che non vanno l'una a spese dell'altra.

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