Il "millennio" di Eugenio Finardi si chiude con un album dedicato all'acqua, che curiosamente doveva essere il titolo del progetto a tre di Celentano, Mina e Battisti, che muterà titolo per defezione di Lucio e purtroppo sua dipartita proprio in quell'anno.
Il disco di Eugenio consta di 12 brani, come il precedente Occhi, a cui si aggiunge nel repack la sanremese "Amami Lara", ispirato alla Croft protagonista di Tomb Raider, videogioco cult di fine anni '90.
Apre la bella "Costantinopoli": molto aderente la melodia con un testo che traccia un parallelo tra Impero Bizantino e attualità. Seguono due tracce non irresistibili, "E sto pensando a te" e "Parlami dal rock al soul", che ripetono spesso il titolo. Arriva quindi la title-track, molto bella come testo e musica, con tanto di video naturalmente "bagnato"! Avrà fortuna e sarà passato molto in radio e nelle tv musicali. Anche "Paura di amare", per motivi diversi, è una gran canzone, dove si canta del non voler mostrare le proprie fragilità.
A questo punto si alternano regolarmente canzoni belle e meno ispirate, o che comunque non conquistano subito. Nella prima categoria abbiamo "Sogno la strada", che riprende "Sulla strada" di 22 anni prima su Sugo; la romantica "Ti vedo", che nella melodia di raccordo tra le strofe ricorda la ben più celebre "Patrizia"; "Il negozio dei giorni usati", dove c'è un'efficace metafora sulla vendita del tempo, buona anche musicalmente; e "0 figure indiane", di stampo sentimentale, piacevole quanto criptica. Del lotto delle meno ispirate fanno parte "Sabbia mobile", "Se ce n'è" e "Lei non ti ama più", che scivolano francamente senza lasciare molto. Un po' di più vale, ma è ben lungi dall'essere una grande canzone, "Amami Lara", che comincia con un riff energico che ricorda "Quello che fu" di Franco Battiato su Gommalacca, e ha un testo ironico che mira a descrivere la realtà attraverso un personaggio animato, ma il confronto con "Vil Coyote" risulta impietoso e perdente. Eugenio si piazzerà undicesimo su quattordici partecipanti. Ci andò per contratto e ci ritornerà ancora più per contratto nel 2012, cantando una canzone neanche scritta da lui. Definirà, in periodi recenti, Sanremo alla stregua di una "gara stupida da Italietta ignorante": beh, come dargli torto!
Ad Accadueo, in cui hanno suonato lo "Stadio" Roberto Drovandi al basso e il grande batterista statunitense Vinnie Colaiuta, diamo 3.5 stelle, in quanto meno convincente di tutti i suoi predecessori a partire da Dolce Italia, ma sicuramente non sui livelli imbarazzanti di un Come un gelato all'equatore o di un Ciao, usciti nel medesimo periodo.

Eugenio, in maniera simile a Fabio Concato, comincerà ad essere insofferente a un certo tipo di meccanismi dell'industria musicale, e si dedicherà per i successivi quattro album a repertori sperimentali e di nicchia, cambiando sempre formazione di collaboratori e mettendosi sempre in gioco.

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