Volete un debutto in grande stile? Allora non dovete più affaticare i polpastrelli sul mouse.

Prendete il piglio scapestrato ed energico dei migliori Bloc Party, aggiungeteci un caldo impianto power-pop elettronico ed incorniciate il tutto in chiave disco. I quattro ragazzi di Manchester sono tutto questo e molto di più. La Geffen, che ha visto lontano, li ha messi sotto contratto e credo si stia ancora stupendo della fattura di questo album, distante dalle più rosee aspettative.

Subito salta all’orecchio la spiccata capacità di creare delle vere e proprie hit, pezzi dei quali presto non possiamo più fare a meno. Allo stesso tempo i brani di questo disco sono composizioni intricate, complesse in ogni sfumatura.

Intendiamoci, non piaceranno ai più, non sono hit mainstream, risultano infatti alienanti e sfuggevoli. Un guazzabuglio d’architetture escheriane trasposte in musica con un ordine geometrico, reso un prodotto accattivante ed originale. Bisogna averne masticata di musica, oltre al prerequisito di non essere intransigenti, per apprezzare lo sforzo degli Everything Everything.

Più si ascolta questo disco e più ci si sente galvanizzati dall’evidenza che le vie della musica sono infinite; gli inglesi ne hanno imboccata una misconosciuta e vista con timore (c’è da immaginarsi reverenziale) da svariate sgualcite band pop-rock prive di alcun mordente. In barba a tutto e tutti gli EE permeano di giovane sfrontatezza (sfiorando l’arroganza) il climax dell’intero album, facendoci capire al tempo stesso quanto siano maturi tramite l’uso sapiente e calibrato degli strumenti. Per molti rimarranno una creatura incomprensibile, forse perché “Man Alive” è di una fattura qualitativa in antitesi coi tempi.

Veniamo alle tante certezze di questo folgorante disco, sul quale troneggia il cantato in costante falsetto del frontman Jonathan Higgs, la cui forza è la poca grazia, e che finisce per ipnotizzare l’ascoltatore invitandolo a seguirne i trilli (compito arduo).

Le chitarre che si alternano alle tastiere sanno mutare da essenziali a preponderanti, eleganti perché spesso pulite. Le già citate tastiere sanno stendere bozze ambient su cui si sviluppano le melodie o all’occorrenza graffiare con rudi disco-synth. L’impianto ritmico basso-batteria è fenomenale: a briglie sciolte, il primo trova dei giri geniali; potente, precisa e sensibile la seconda, insieme forgiano dei groove magici.

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