Evocante, nome d’arte di Vincenzo Greco, è nome pressoché sconosciuto ai più, ma questa poca fama è immeritata perché, da qualche anno, sta sfornando dischi di un certo spessore, dimostrando una notevole visione artistica, i testi sono molto belli ed evocativi, e una bella poliedricità musicale (gioca molto con i generi musicali, li mescola, li fa dialogare). È un allievo di Franco Battiato, ma non si ferma a lui, né lo scimmiotta, avendo anche altri riferimenti (C.S.I., Bluvertigo, Subsonica) e mettendoci molto di suo.

All’improvviso. Canzoni lievi è un album, il suo disco più cantautoriale, incentrato su un tema: il ritorno della luce dopo momenti di oscurità, che può essere semplice tristezza o una vera e propria depressione o quei momenti in cui sembriamo perderci. Sembra un album che vuole sostenere chi si trova in quei momenti, non solo banalmente dicendogli che “all’improvviso tornerà la luce” ma anche facendola in qualche modo emergere, questa luce, e cercando di cogliere un significato anche nei momenti bui, che a volte servono proprio per andare più a fondo di noi stessi. Ci sono sonorità lievi, sembra un po’ una carezza, ma in certi brani tutto si fa più duro ed ipnotico, come …tornerà la luce, dove si sente anche la voce di Vittorio Gassman raccontare come sia uscito dalla depressione. La titletrack è riuscitissima, tra sonorità intimiste e un finale sempre più pulsante e arrembante a raccontare musicalmente il ritorno della luce. C’è un brano che, in un panorama più aperto, sarebbe una sicura hit come Di lunedì, seguita da una Diario di bordo che fila via come una barca su un mare tranquillo. Il brano Salvami è di una intensità interna e intima, dove si va per sottrazione. Poi ci sono due cover molto belle, e distantissime tra loro come Parigi del dimenticato Enzo Carella, e Sidun del mito Fabrizio De André, tradotta in italiano e resa lisergica, psichedelica, quasi pinkfloydiana (nell’andamento del pianoforte ci sono echi di A great gig in the sky).

È un po’ una sua caratteristica di Vincenzo Greco quella di unire cose lontane, o per farle sembrare meno lontane di quanto si creda o, come in questo caso, per cambiare rapidamente registro in modo da non annoiare. L’unire le cose tra loro è anche il metodo che utilizza nei suoi libri musicali, ne ha pubblicato uno su Battiato che è molto approfondito e veramente nuovo (ce ne sono tantissimi, forse troppi) per impostazione e contenuti. Di recente ne è uscito uno, Il tempo moderno e i suoi inganni. Riflessioni critiche in Ferretti, De André, Battiato, Waters) che è di stampo filosofico e quasi politico: lettura particolare, quasi uno scuotere la coscienza di chi legge su certe cose cui non pensiamo mai.

Tornando al disco, il brano forse più bello è Raccontami di te, che arriva verso la fine, e in cui pare viaggiare tra le nuvole e tra racconti leggeri, a conferma della bontà del sottotitolo: canzoni lievi sono veramente, ma lieve non significa superficiale. Il disco si chiude con un brano di vera e propria musica classica che, insieme agli intermezzi musicali che ci sono ogni due brani (e che ambientano perfettamente l’ascoltatore nel mood dell’abum) fa da apripista a un disco strumentale uscito successivamente, da pochissimo, A quiet day, che devo ancora ascoltare per bene e che magari recensirò qui.

Insomma, sono contento di avere scoperto questo artista, che recupera in pieno la lezione dei cantautori, aggiornandola con tutto quello che è venuto dopo in termini di electro-rock ed electro-prog, anche se in questo disco di rock ce n’è poco (ma negli altri suoi si, soprattutto Siamo esseri emozionali, una cavalcata electro-prog-rock con qualche spruzzata di cantautorialità che non fa mai male).

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