Quello che mi accingo a recensire è l'album che il grandissimo Faber preferiva tra tutti i suoi lavori: "La Buona Novella".

Siamo nel 1970, nel pieno della contestazione studentesca. L'artista più controcorrente, per giunta ateo, compone un concept album sulla vita di Gesù Cristo. Ciò che sconvolge maggiormente la Chiesa più bigotta è il fatto che l'album è ispirato non ai 4 vangeli canonici, ma a quelli apocrifi. Viene dato di conseguenza maggior spazio a personaggi minori, mentre quelli più importanti (come la Madonna) acquistano sfumature psicologiche diverse da quelle che la tradizione ci ha tramandato.

Si possono trovare 2 temi principali: le prime 5 canzoni riguardano tutte le vicende che precedono la nascita di Gesù, mentre le restanti 5 trattano della sua morte.

"Laudate Dominum" è' un'introduzione per voci liriche dallo stampo prettamente classicistico e solenne. "L'Infanzia di Maria" racconta appunto della tremenda infanzia vissuta da Maria: all'età di 3 anni fu portata al tempio, dove visse segregata fino a 12 anni, quando, a causa delle sue prime mestruazioni, venne ritenuta impura e cacciata. Venne data quindi in sposa al vecchio Giuseppe, che aveva "dita troppo secche per chiudersi su una rosa". Una voce narrante ci dice che Giuseppe prese con sè Maria, e poi partì per dei lavori ch lo tennero lontano da casa per 4 anni. "Il Ritorno di Giuseppe", dalle sonorità mediorientali, ci rende quasi palpabile la fatica di Giuseppe nel ritornale a casa, portando con sè una bambola per Maria. Il falegname si stupisce delle lacrime che versa la sua giovane moglie nel rivederlo. Segue "Il Sogno di Maria", che descrive l'Annunciazione: un angelo veniva spesso a trovare Maria nel tempio, facendola volare con lei; un giorno però le annunciò ciò a cui era destinata: le parole usate però ci danno l'idea di un concepimento molto più terreno di quelle usate dai Vangeli canonici ("parole confuse nella mia mente, svanite in un sogno ma impresse nel ventre"). "Ave Maria" è un poetico e delicato inno alla Madonna, descritta nei momenti di poco precedenti al concepimento.

Con un salto di 33 anni ci troviamo, con "Maria nella Bottega di un Falegname", in un'atmosfera tutta nuova: alla poesia e al candore sprigionati dai primi brani si oppongono la tristezza e il dolore della crocefissione di Gesù. Il brano sopracitato è uno dei più famosi di De Andrè, in cui al cantautore si alternano alla voce i Quelli (in pratica la futura PFM), che danno al brano un andamento più "rock". Il testo inscena il dialogo tra Maria e il falegname che sta costruendo la croce su cui verranno crocifissi Gesù e i 2 ladroni Dimaco e Tito ("tre croci, due per chi disertò per rubare, la più grande per chi guerra insegnò a disertare"). Un aspetto completamente trascurato dai 4 Vangeli canonici viene affrontato in "Via della Croce" e in "Tre Madri": il dolore di Maria nel perdere suo figlio, a cui il destino ha prefissato una fine a cui non può opporsi. Non vengono trascurate neanche le madri dei 2 ladroni, che piangono straziate i loro figli, che non risorgeranno più dalla morte, a cui si oppone quello ugualmente profondo di Maria che arriva ad esclamare la famosissima frase: "Non fossi stato figlio di Dio t'avrei ancora per figlio mio".

"Il Testamento di Tito" parte solo con voce e chitarra acustica a cui si accodano a poco a poco tutti gli altri strumenti; il testo analizza i 10 comandamenti dal punto di vista di Tito, il ladrone pentito: capiamo indirettamente il pensiero di De André riguardo molti argomenti: l'uguaglianza di tutte le religioni e l'infondatezza delle guerre sante ("Non avrai altro Dio all'infuori di me, spesso mi ha fatto pensare: genti diverse venute dall'est dicevan che in fondo era uguale. Credevano a un altro diverso da te e non mi hanno fatto del male"), l'accusa contro chi ruba in nome di Dio ("Il quinto dice non devi rubare e forse io l'ho rispettato: vuotando, in silenzio, le tasche già gonfie di quelli che avevan rubato: ma io, senza legge, rubai in nome mio, quegli altri nel nome di Dio"), la contraccezione ("Non commettere atti che non siano puri cioè non disperdere il seme. Feconda una donna ogni volta che l'ami così sarai uomo di fede: Poi la voglia svanisce e il figlio rimane e tanti ne uccide la fame. Io, forse, ho confuso il piacere e l'amore: ma non ho creato dolore") e così via. Chiude "Laudate Hominem" in cui De André ci suggerisce di amare il prossimo non perchè figlio di Dio, ma di un altro uomo, e perciò un fratello.

Un opera in cui si mischia perfettamente sacro e profano, denso di un messaggio universale di amore e fratellanza, attuale oggi come 30 anni fa.

VOTO = 9 e 1/2

 

 

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