Album dell'anno? Forse no, però una cosa è certa, questo è il disco d'addio dei Faith No More. Già, perché all'uscita di "Album Of The Year" lo scioglimento era nell'aria, più o meno per questi motivi: i troppi cambi di formazione della band, i molti progetti paralleli di Mike Patton ma soprattutto perché dopo quasi quindici anni di attività i Faith No More avevano detto tutto quello che avevano da dire. E hanno detto tanto.
Quest'ultimo sussulto non è ai livelli né del fondamentale "The Real Thing", né dell'eclettico "Angel Dust" e né del tirato "King For A Day...", però è sicuramente un esercizio di alta qualità, anche perché questi cinque musicisti (con la new-entry John Hudson alla chitarra) danno la paga alla maggior parte dei gruppi presenti nel panorama crossover (e non solo...).

Il disco parte subito sparato con "Collision", nome non poteva essere più adatto, il suo avvio è più che mai distruttivo, poi ad un certo punto si placa, per poi riesplodere, il tutto in continui cambi di ritmo perfettamente in stile Faith No More; si continua con la stupenda ballata elettro-rock "Stripsearch" in cui Patton si diverte a portarti in paradiso, poi quando meno te l'aspetti ti ritrovi nell'oscurità più assoluta, si intravede la luce solamente grazie all'assolo di Hudson ma Mike non ti lascia scampo e ti abbandona in un magnifico finale da thriller.
Il riff power e i bisbigli di Patton fanno di "Last Cup Of Sorrow" una grande canzone, per la quale è stato fatto un video che mescola Hitchcock e Lynch, non ci capirete niente però procuratevelo.
L'hardcore tirato di "Naked In Front Of The Computer" ti tiene incollato alle casse per due minuti secchi; i toni si placano un po' con "Helpless", raffinata ballata acustica che diventa più sostenuta nel finale; "Mouth To Mouth" è una bella fusione di tastiere dal sapore orientale e potenti riff con Patton che si destreggia come al solito.
"Ashes To Ashes" è il capolavoro dell'album: sublime melodia al servizio di un rock elegante e allo stesso tempo intenso con le grandi esecuzioni di tutti e cinque i componenti della band, Patton è immenso.
"She Loves Me Not" è una ballata pianistica dai suoni vagamente soul, nell'album è fuori contesto ed è l'episodio meno riuscito, tuttavia si lascia ascoltare; fortunatamente il ritmo si alza con "Got That Feeling", forse il brano più pazzo dell'album: tiratissimo, irresistibile, poteva stare benissimo in "King For A Day...", sembra quasi il sequel di "Get Out".
"Paths Of Glory" e "Home Sick Home" sono due brani con poca identità e di fatto abbastanza trascurabili, ma il finale viene affidato all'ottima "Pristina" con quel suo riff straziante ed infinito, qui Patton canta in falsetto e si lascia andare in un canto d'amore, intonando un lungo "I'll Be With You".

"Album Of The Year" al primo impatto potrebbe deludere perché non propone novità importanti come i dischi precedenti, però maggiori e più accurati ascolti evidenziano una maturità superiore, grande classe e un'eleganza da far paura anche nei momenti più tirati con Patton che si conferma una delle più belle voci dell'intero panorama rock. Per Fortuna c'è lui a salvarci in questo attuale piatto mondo della musica, ormai è diventato un personaggio a 360 gradi e qualunque cosa tocca rischia di trasformarlo in oro: è il Frank Zappa degli anni 2000. Consiglio: tenete d'occhio i suoi progetti

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