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L'essenza del poeta in poche parole. Parole che sanno di umile consapevolezza della forza della propria semplicità. Trame di frasi immaginifiche al servizio di ricordi tanto forti quanto fragili. L'impegno coniugato all'amore per la propria terra, per i propri ideali. La rabbia che assurge al ruolo di diretto autore di testi quando sono proprio quegli stessi ricordi a prendere il sopravvento. Il coraggio di insistere proprio quando sembra che sia troppo.Conviene veramente fingere che si é fatto giorno quando del sole, invece, non ce n'é traccia? La sbuffante ripetitività di chi fa della verità il proprio credo e con esso il proprio motivo per tingere fogli bianchi di testi sognanti su strade di coscienze ipocrite non sempre all'altezza di ricevere l'allarme di una deriva dietro l'angolo. L'importanza di pensieri scoloriti dal tempo, stropicciati dal passaggio di così tante battaglie vinte e perse. Difficile credere alla sbalorditiva coerenza di parole pesanti come macigni scagliate su teste poco inclini alla comprensione. Un giorno questo sole tramonterà e non rimarrà altro che la polverosa ed ingiallita eredità, pervasa da sapiente silenzio, di un uomo capace di urlare senza fare il minimo rumore.
Affabulatore, istrione, cantastorie salace, ironico e caratterizzato da uno stile personale, accattivante ed immediatamente riconoscibile: Hansi Holzel, in arte Falco, è stato il volto di spicco (insieme a Nina Hagen), della german way del synth-pop, la cosiddetta Neue Deutsche Welle. Corrente artistica effervescente ed esplosiva, caratterizzata da personaggi carismatici e fuori dalle righe, a cui Falco ha contribuito con il suo improbabile cocktail a base di funk, rap e testi sarcastici e geniali. Con la sua apparente aria da rockstar ed il suo sound tipicamente tronfio e bombastico, 80’s per eccellenza, questo curioso personaggio, viennese ed amico personale di un altro grande austriaco, Niki Lauda, ha saputo mettere alla berlina quel decennio caratterizzato da Ronald Reagan, Margareth Thatcher, Bettino Craxi e Madonna, dal disimpegno sociale, dal benessere ostentato e dalla lenta ma inesorabile disfatta del socialismo reale davanti al capitalismo occidentale con testi pieni di edonismo, droga, decadenza e fatalismo: un antidivo travestito da divo, capace di esprimere concetti «underground» utilizzando un linguaggio smaccatamente mainstream.
Anche se il suo fulmineo successo discografico, risalente al 1982 con la celeberrima «Der Kommissar» può far supporre il contrario ai più superficiali, Falco ha dovuto lavorare parecchio per ritagliarsi il suo posto al sole: proveniente dalla scena punk di una nazione musicalmente marginale come l’Austria, la sua credibilità artistica non è minimamente discutibile, ed il suo pur notevole successo è stato comunque inferiore in proporzione al talento ed alla personalità espresse nel corso della sua carriera: «Einzelhaft», «Junge Roemer», «3», «Emotional»: è un crescendo rossiniano, poi l’improvviso declino che coincide con l’album oggetto di questa recensione, «Wiener Blut», a parer mio un perfetto paradigma del suo stile, ed uno dei suoi lavori più piacevoli ed interessanti.
Album eclettico, scorrevole, che presenta alcune significative innovazioni rispetto ai suoi predecessori: cantato più in inglese che in tedesco, il range stilistico dell’artista viennese si declina in svariate forme, il sempre valido synth-hop di «Wiener Blut» , tipico canone stilistico di Falco, l’edonistica, robotica ed intrigante «Falco Rides Again» , brano di grande fascino e raffinatezza che caricaturizza il culto della personalità tipico di quei tempi ad anticipando nel contempo quello della nascente cultura hip-hop, Un delizioso accenno di glam-rock con le grintose chitarre di «Untouchable» prelude a quello che sarebbe potuto essere il singolo di punta dell’album, una canzone potenzialmente in grado di inserirsi nel solco tracciato da «Der Kommissar» e «Rock Me Amadeus», ovvero una straripante ed irresistibile «Garbo» , forte di azzeccatissime sonorità bombastiche ed orchestrali che si rifanno alla miglior tradizione disco anni ’70 che unite all’inconfondibile flow di Falco danno vita ad uno splendido manifesto programmatico e personale dell’artista, di cui sembra anche anticiparne il futuro, ed il polemico allontanamento dallo show-biz; qui si trova una delle massime più significative della produzione di Falco, «No man can guess in cold blood what he might do in passion, but the things that he deplores today are tomorrow’s latest fashion.»
Arricchito dalla presenza di piacevoli brani di contorno come «Tricks» e la ballad «Satellite To Satellite», «Wiener Blut» esprime i suoi contenuti più innovativi e caratteristi nell’originale lato B dell’LP con atmosfere riflessive ed esotiche, dai riflessi orientaleggianti, che si traducono in piccoli gioielli come «Walls Of Silence» , così speranzosa e ancora attualissima nei suoi contenuti, il rap in trance obliqua di «Solid Booze» e le suggestioni filosofiche di una stupenda e vagamente bowiana «Sand Am Himalaya» , chiudendo in grande stile con una personalissima rivisitazione di «Do It Again» degli Steely Dan, come già successo in «3» con «It’s All Over Now Baby Blue», ma qui Falco riesce a fare ancora meglio caricando la canzone con una graffiante verve disco che garantisce all’album un finale in grande stile.
Tirando le somme «Wiener Blut», quinto capitolo della discografia di Falco, è un album che rispecchia perfettamente tutte le caratteristiche vincenti del suo ideatore e lo allontana dalla luce dei riflettori consegnandolo ad una dimensione più «di nicchia», creando così le premesse per la seconda fase della sua carriera, purtroppo prematuramente interrotta, che sarà ufficializzata da un disco controverso ed altalenante, ma emblematico e coraggioso, come «Data De Groove». Uno spartiacque, insomma, da riscoprire così come tutta la produzione del suo carismatico ideatore.
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