L’operazione, condotta nel 1983, fu la seguente:
‘FAST’ Eddie Clarke chitarrista ex-Motorhead +
Pete WAY bassista proveniente dagli UFO +
un cantante e un batterista =
Gruppo nuovo di zecca a nome FASTWAY
Cambiò poi da subito uno degli addendi, ma il risultato rimase lo stesso. Nel senso che Pete Way rinunciò già dopo le prime prove, per casini legali tra i diversi management e poi per un’irrinunciabile chiamata proveniente da Ozzy Osborne. Però, pure senza Way, il nome del gruppo a quel punto fu confermato, visto quanto fosse efficace ed esplicativo.
Mica del tutto esplicativo, a ben pensarci… In realtà il compianto Clarke intese di darsi una sensibile frenata rispetto all’heavy metal galoppante dei Motorhead, passando stavolta ad un rock blues classico inevitabilmente zeppeliniano, messo ancor più in evidenza dalla scelta di un giovanissimo e dotato cantante irlandese, il rosso Dave King assistito da un’emissione vocale alta, graffiante, potente, più che adeguata.
“Easy Livin’” in apertura non c’entra nulla cogli Uriah Heep, bensì ricalca con vitalità e interesse le orme di “Rock’n’Roll” degli Zepp. Preparando la strada al riffone più bello del lotto, quello di “Feel Me, Touch Me (Do Anything You Want)”, una magnificenza di giro di chitarra con tanto di trillo incorporato. Il povero Fast suonava proprio bene, diavolo… tipo sotto il break di armonica, e poi subito nel solo, a favore di un hard rock sonorissimo e autenticamente trascinante. Neanche il tempo di respirare e si piomba senza tregua in “All I Need Is Your Love”, nella quale l’ottimo Jerry Shirley tiene a fare il John Bonham (il tempo di batteria è quello di “Whole Lotta Love”, però con variazioni qua e là).
La prima frenatona arriva alla traccia quattro, con la chitarra acustica che accompagna da sola la prima strofa di “Another Day”. Ma è solo un minuto che poi entra la sezione ritmica dura e pura per un altro riff massiccio e ossessivo, il quale maramaldeggia per tutto il pezzo fino all’acciaccatura finale. Puntuale a questo punto arriva il rock blues lento e pestato a sangue, il suo titolo del resto è “Heft!”, cioè… peso! Non ha la classe eburnea di “When the Levee Breaks”, notoriamente Stato dell’Arte assoluto per questo tipo di detonanti marce hard rock, ma picchia che è un piacere.
“We Become One” è un rock blues sviluppato a due velocità diverse che si alternano, portandolo ad essere dinamico e interessante malgrado la sua relativa scolasticità. Sorprende ancora una volta la capacità di Fast Eddie di riciclarsi in accompagnamenti ed assoli assai più appoggiati e ragionati di quelli dieci volte più frenetici e caotici dei Motorhead. “Give It All You Got” è più scontata, il suo riff parzialmente annoia ma non così quello di “Say What You Will”, condotta a tempo di boogie e molto divertente dall’inizio alla fine.
Ultimi due contributi “You Got Me Runnin’” la più debole del mazzo ed infine “Give It Some Action”, anch’essa senza infamia e senza lode; l’assoletto di Clarke però è figo, giocato com’è sull’effetto di delay.
Sarebbe da cinque stelle ‘sto disco, perché non ha un vero difetto… se non quello di non essere uscito dieci, quindici anni prima… E allora quattro, dai. Ma tutti gli Zeppeliniani, Humble Pie-ani, Free-ani, Ten Years Afteriani, Ac-Dciani eccetera dovrebbero possedere quest’album, e ascoltarselo a tutto volume.
Senza guardare la copertina però, che fa sballare gli occhi.
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