Se voi sentite il testo di un qualsiasi pezzo di "The Record" e provate a dire che questo era un gruppo di pazzi, criminali, delinquenti, folli, beh io vi dico... che avete perfettamente ragione.

I Fear, capitanati da Lee Ving (che poi ha avuto anche una discreta carriera cinematografica, soprattutto negli anni '80, questo per sottolineare la sua grande personalità) e nati alla fine degli anni '70, sono stati tra i primi e maggiori esponenti dell'hardcore californiano. E proprio dell'ondata hardcore sono stati tra le band più sporche, cattive ma anche tra le più influenti e dotate, riuscendo ad aggiungere elementi apparentemente fuori luogo come blues e jazz, dando vita ad un hardcore alternativo, una specie di pre-crossover.

I testi, incentrati principalmente sul degrado cittadino, sulla criminalità di bassa lega e sullo squallore dell'alta società accompagnati da un linguaggio da bar più sudicio che abbiate mai sentito, sono un punto fondamentale nella musica dei Fear. Però prima di rimediare un contratto discografico, i Fear dovettero fare una gavetta di circa quattro anni, nei quali si dedicarono ad incendiare di brutalità i loro concerti, che molto spesso finivano in rissa e con la consueguente cacciata dei nostri quattro eroi dai locali più degradati di Los Angeles. La svolta arrivò nell'81 quando erano tra i protagonisti (insieme ad altri gruppi importantissimi di quel periodo come Black Flag, Germs, X ed altri) del documentario musicale "The Decline Of Western Civilization" e parteciparono ad una puntata del "Saturday Night Live" sponsorizzati da John Belushi, quindi grazie a questa popolarità riuscirono a creare il capolavoro chiamato "The Record".

"The Record" è un album fulmineo (15 brani che durano da un minimo di un minuto ad un massimo di due minuti e mezzo scarsi), parte a razzo con "Let's Have A War", tirata dall'inizio alla fine; "Beef Boloney" parte lenta con Lee Ving che gigioneggia accomapagnato dalla sola chitarra poi esplode inaspettatamente in cori furiosi e distorsioni vertiginose; parte forte pure "Camarillo" intermezzata da assoli spagnoleggianti da infarto. Poi arriva uno dei capolavori, "I Don't Care About You", quasi melodica ma molto potente con la batteria in primo piano; "New York's Alright If You Like Saxophones" è uno di quei brani che non ti aspetti con quella stupenda partenza di batteria e soprattutto gli assoli di sax, questo suonato da Lee Ving. Il disco prosegue alla grande senza passi falsi, tra le altre sicuramente da segnalare sono: "I Love Livin' In The City", altro capolavoro dal ritmo incalzante e dal testo irriverente, la violenta "Foreign Policy", la cover degli Animals "We Got To Get Out Of This Place" velocizzata all'eccesso, la decadente "Getting The Brush" e la conclusiva "Fuck Christams" che parte con arpeggi melodici e un ritmo lieve per poi esplodere in un hardcore superlativo, il tutto in 45 secondi secchi.

Questo è un disco da avere, peccato che i Fear poi si sono persi musicalmente e non hanno ripetuto l'irripetibile.

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