Nel 1952, nel pieno del rigore del neo-realismo all’italiana e/o della commedia all’italiana, della comicità di grana grossa, dall’avanspettacolo al varietà, Federico Fellini dirige, dopo l’interessante esordio del 1950 con il dolce-amaro "Luci del varietà", il suo secondo lungometraggio: "Lo Sceicco Bianco", un oggetto filmante non identificato. Tra l’altro Luci del varietà lo diresse insieme con Alberto Lattuada per cui non è errato affermare che Lo Sceicco Bianco rappresenta il vero esordio del Fellini regista (e che esordio ragazzi).

La sceneggiatura lo vede coinvolto insieme con Tullio Pinelli, Michelangelo Antonioni ed Ennio Flaiano (hai detto niente).

Lo Sceicco Bianco narra la storia di due sposini meridionali in viaggio di nozze a Roma. Lui, Ivan Cavalli (il grande Leopoldo Trieste) è un giovanotto italico all’antica (del resto siamo nel 1952) baffetti d’ordinanza, sguardo fisso e fiero, gelosissimo, religiosissimo (per convenienza, chi vedrà capirà). Lei (una giovanissima e graziosissima Brunella Bovo) è l’ingenua, dolce, innocente, casta e pura Wanda Giardino (in Cavalli of course).

Wanda però ha un segretuccio innocente. Legge i fotoromanzi, le avventure dello sceicco bianco, interpretato da Fernando Rivoli (un indimenticabile Alberto Sordi qua 32enne e coetaneo di Federico). Il cast, sceicco compreso, si trova in via XXIV Maggio, 10min a piedi dall’albergo che ospita gli sposini.

Wanda, con uno stratagemma, elude il rigorosissimo controllo del marito e si reca colà per vedere lo sceicco. Da qui in poi sarà un delirio.

Strepitoso film di uno dei più grandi registi di ogni tempo e luogo (hai capito signor Bergman?). Straordinariamente innovativo, un’opera pre-pop (Andy Warhol lo adorava) difficilmente collocabile in un genere cinematografico ma se proprio vogliamo attribuirgli un’etichetta, saremo poco originali ma senza indugio diremo che il genere è “felliniano”.

Molti sono gli elementi che ricorreranno nelle sue opere future. Il sogno: nello Sceicco Bianco, addirittura, Wanda dice che la vita sognata è la vita vera, l’unica che valga la pena di essere vissuta. C’è un mangiatore di fuoco …c’è anche un cameo di Cabiria (Giulietta Masina) sì proprio lei …che 5 anni dopo ci porterà a spasso per le sue "Notti" in un altro indimenticabile (e stavolta drammatico) film. Poi ci sono i cammelli, lo sceicco, le scimitarre, le odalische ma è tutto finto naturalmente, è un’illusione, è Fellini.

Sono rimasto particolarmente sorpreso, tra le altre cose, dall’altissimo tasso di comicità. A tratti (per lunghi tratti) è un film assolutamente esilarante e non solo grazie alla prova del fuoriclasse Sordi (quando c’è lui siamo ovviamente alo zenit della comicità) ma anche per tutta una serie di situazioni, di personaggi, facce, sguardi, inquadrature e quant’altro, il tutto perfettamente in linea con i cosiddetti tempi comici, Un ritmo indiavolato, equivoci e bugie, nulla è come sembra tanto meno il sogno (di Wanda) che si farà suo malgrado realtà.

Lo Sceicco Bianco è anche una sottile ma netta presa in giro di quell’italietta, si pensi alla scena del pranzo del Cavalli con gli zii ed il tizio che suona la chitarra e canta e dice solo il sole il mare il sole e il mare con la sua voce d’usignolo, una presa per i fondelli clamorosa dello stereotipo della canzone italiana e dei suoi stilemi (dura pochi secondi ma ne sono rimasto particolarmente colpito). Dire presa in giro, poi, di un solo aspetto che finora ho citato, è essere troppo buoni, pertanto proseguiamo. La presa in giro si fa satira e critica ma mai feroce, non sfocia mai nel “dramma” della denuncia sociale ma te la mostra per bene, non puoi non vederla e la sminuisce, la ridicolizza, la svuota. Il modo in cui mostra il mondo dei foto-romanzi, non solo i fruitori, i lettori ma anche la troupe, il regista, i macchinisti, un’accozzaglia di pressappochisti sciatti e approssimativi. Critica al nepotismo (il Cavalli sa che tramite lo zio, pezzo grosso del vaticano, otterrà un lavoro a Roma) ed infine (è quella che mi ha colpito di più) una critica ai falsi sentimenti di questa Italia di facciata, di convenzione sociale. Quando la mogliettina scompare, il Cavalli non è turbato per le sue sorti, non soffre perché potrebbe esserle accaduto qualcosa di brutto, no, sta male perché le conseguenze dell’improvvisa scomparsa (in luna di miele poi!) sarebbero disastrose per il buon nome dei Cavalli, per la sua reputazione, per la sua carriera.

Che altro dire... quando vedi un film di Fellini, sali su una giostra, sul cavallo a dondolo, ma giri sempre più veloce e le luci, i suoni, i colori, i volti, si sovrappongono e si mescolano e rischi di perdere l’orientamento.

Un’opera unica in quanto felliniana, un film alla cocaina, ti manda su di giri ma può creare dipendenza.

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