I Feeder stanno vivendo una seconda giovinezza artistica.

Con gli ultimi due lavori (“All Bright Electric” del 2016 ed il “Best Of” di due anni fa, contenente nove inediti) hanno riconquistato le classifiche britanniche, ed inoltre si sono fatti conoscere in sede live anche ad un pubblico più giovane (come evidenziato anche dallo stesso leader Grant Nicholas).

Un percorso assolutamente non scontato, visto che tante band esplose a fine anni novanta/inizio duemila sono state risucchiate in un buco nero di mediocrità e scarsa popolarità. Non è la sorte toccata al duo gallese, però, visto che con questo nuovo lavoro battezzato “Tallulah” (12 tracce co-prodotte da Nicholas assieme al fedele collaboratore Tim Roe) la striscia positiva prosegue alla grande, e anzi, ci troviamo di fronte ad un ulteriore passo avanti rispetto alle pur ottime ultime due prove in studio.

Nicholas ha parlato di un album meno focalizzato sull’iperproduzione, più legato agli stilemi del triumvirato chitarra/basso/batteria; ha anche descritto i nuovi brani come “classic Feeder”, ovvero meno tesi alla ricerca di nuovi suoni, ma più ancorati all’identità di una band ormai storica nel panorama alt rock britannico.

Ne esce un disco bellissimo, forgiato da un autore in forma davvero smagliante; ogni brano è una storia da raccontare, ed ogni secondo di questo nuovo lavoro è di una qualità sopraffina. I tre singoli avevano già fatto presagire un trionfo: “Fear Of Flying” è un esempio lampante dell’abilità della band nell’unire l’abrasività del rock alternativo americano (in questo caso siamo in forte odore di Foo Fighters prima maniera) al tipico buon gusto britannico per le melodie di alto artigianato. “Youth”, che apre anche l’album, è un proiettile sparato a mille che non avrebbe sfigurato nel bellissimo “Yesterday Went Too Soon”; ideale da ascoltare a volume altissimo in una strada deserta ed assolata. “Daily Habit” fa incontrare Pavement e The Vines e li conduce verso un ritornello quintessenzialmente Feeder.

E non è, ovviamente, tutto qui: torna anche il gusto per quelle ballad anthemiche che fecero la fortuna dei Feeder nella prima metà degli anni 2000. Una di queste è “Blue Sky Blue”, che sarà il prossimo singolo ed è stata scritta da Nicholas per il secondo album solista di Liam Gallagher; non ne è entrata a far parte solo per una mera questione di tempistiche. Si tratta, come immaginabile, di una ballad che ricorda gli Oasis più rockeggianti di “Be Here Now”, anche se con un sound chitarristico ben più robusto e corposo.

“Rodeo” segue a ruota, impiegando un arrangiamento più essenziale, mentre la titletrack ricorda i migliori (primi) Coldplay ma con un gusto nettamente più barocco ed epico. “Guillotine” e l’ultimo estratto “Kite” ammaliano recuperando un grande amore di gioventù del duo gallese, ovvero gli Smashing Pumpkins di “Mellon Collie...”; si tratta di due numeri pop rock di altissima qualità, da grande band.

Non tutto però è tranquillo e soave: “Kyoto” è un violento punto di rottura per il disco, dove Nicholas sfodera un riffing molto deciso e variegato, ai limiti del nu metal. “Windmill” è una ballad piena e cadenzata, mentre “Lonely Hollow Days” chiude per chitarra e voce, ripescando l’amore per il finger picking dei trascorsi solisti del frontman gallese.

Altro grande disco, quindi, per i Feeder, sempre a loro agio tra i “grandi vecchi” del rock britannico moderno.

Brano migliore: Guillotine

Carico i commenti... con calma