Richard Patrick si è ripulito, e continua a scrivere e suonare come un dannato.

Dopo importanti collaborazioni targate Army Of Anyone (con i fratelli DeLeo degli Stone Temple Pilots) e The Damning Well (con Wes Borland, Danny Lohner e Josh Freese) il forsennato veterano torna alla base per completare il tanto atteso quarto capitolo della saga Filter.

La stesura dell'album si bloccò nel 2003, a seguito della decisione da parte del frontman di affrontare la disintossicazione, causando anche l'uscita di Lenardo e Cavanaugh.

I Filter consistono infatti nel continuo cambio di lineup legato a varie vicissitudini e incomprensioni dal punto di vista musicale. Una one-man band portata avanti e rappresentata dal solo Patrick.

Così John 5 e Josh Freese vengono reclutati in supporto del leader in Anthems For The Damned.

La differenza rispetto agli altri album sta nelle tematiche e nell'approccio meno iracondo del solito. I testi risentono politicamente lo sdegno nei confronti dell'amministrazione USA e l'idea dell'intero progetto nasce come tributo ad un giovane fan della band, partito in missione per l'Iraq mentre frequentava ancora il college e morto in guerra.

Take the soldiers and put them at sand, put the town right from the man.

It's not hard to get swallowed up, George Bush just fucking us up.

See the lies that he has sold, wash us up and he has us done.

Dalle prime note di Soldiers Of Misfortune, i poderosi riff non abbandonano l'ascoltatore e all'arrivo di Richard il clima si scalda, tormentando il desiderio di rivalsa presente anche nella più ritmica What's Next e in Lie After Lie.

Gli aficionados del post-grunge troveranno una piacevole parentesi in Cold e nella rassegnata In Dreams.

Tra le pubblicazioni migliori del vocalist, che già dal successivo The Trouble With Angels tornerà a comporre pezzi con i suoi marchi di fabbrica: sarcarmo e adrenalina.

Inni per i dannati, è più riflessivo e contenuto, tratto riscontrabile già dal primo ascolto.

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