Nel 2013 è proditoriamente ma piacevolmente riemersa dalle nebbie del tempo questa formazione inglese, la quale non pubblicava un disco in studio da quarant’anni. Flash era il quartetto assemblato dal chitarrista Peter Banks all’indomani della sua cacciata dagli Yes, consumatasi nel 1970; si fece valere con tre album molto validi tra il 1971 e il 1973, ripieni di un progressive solare e agile, meno geniale e fascinoso ma anche più asciutto e sobrio e simpatico di quello di Anderson, Howe e compagni.
Dopo tutto questo tempo si sono dunque rimessi sotto cantante e bassista di quel gruppo, coi loro nomi che vengon buoni pure per il poco elegante, ma evidentemente utilitaristico titolo del lavoro. E’ Bennett il motore dietro al progetto: oltre agli abituali ruoli di bassista e seconda voce provvede pure a tutte le chitarre e alle partiture più facili di tastiere. Carter contribuisce come voce solista (in verità piuttosto… stanca: il tempo ne ha segnato sensibilmente la qualità di emissione, sia in potenza che in estensione) e chitarra ritmica. Entrambi figurano come compositori, ma pure qui è Bennett a prevalere.
Il ricordo di questo notevole musicista era quello di un notevole bassista, molto melodico e solido, convinto discepolo dello stile e del timbro donati da Chris Squire alla grande causa di questo strumento. L’ascolto di quest’opera permette di allargare lo spettro del suo talento: è pure interessante chitarrista, ovviamente molto melodico nonché discretamente raffinato. Le dieci tracce dell’album consentono altresì di inquadrarlo ed ammirarlo a lungo, poiché si dà molto da fare dall’inizio alla fine facendo inquadrare quest’opera come decisamente chitarristica. D’altronde lo erano anche i tre album settantiani dei Flash, ai tempi del povero Banks.
Lo stile di Bennett sulle sei corde non richiama affatto quello del suo antico compagno: Banks era asciutto, pulito, un poco jazz, molto ritmico, con un’intensità esecutiva che andava e veniva, con le sue chitarre che entravano ed uscivano dall’arrangiamento cambiando spesso di suono, creando ambienti molto ritmici e dinamici. Bennett invece è più il classico chitarrista progressivo: suoni lunghi e assai distorti, meno dinamici, una presenza continua e compatta nei pezzi che così hanno meno respiro, sono meno agili e solari ma in compenso più lirici, più sonori, più pomposi e stentorei.
Insomma, in questo loro quarto lavoro i Flash diventano quello che non erano mai stati: un gruppo progressivo a tutto tondo, stratificato e super arrangiato. Evidenti legami con lo stile storico dei Flash sono comunque facili da cogliere per chi li ha coltivati a suo tempo o comunque scoperti in seguito: la voce di Carter, pur non eccelsa, è molto caratterizzante ed anche il suo modo di articolare i cantati è rimasto ben riconoscibile; il basso a’la Squire di Bennett è al suo posto, a cucire e contrappuntare intanto che spinge la musica in avanti. I due titolari sono validamente sostenuti dai musicisti collaboratori, fra i quali si distingue nettamente il tastierista Rick Daugherty, proprio bravo.
Il disco dura quasi sessanta minuti, distribuiti in sole nove canzoni, metà delle quali si estendono ben oltre i cinque minuti sfiorando anche i dieci. La qualità è costante e interessante, non vi sono capolavori e le cadute di tono si possono curiosamente far coincidere con le uniche due canzoni non originali, vale a dire “Hurt” una cover dei Nine Inch Nails e “Manhattan Mornings” addirittura un’auto-cover dal terzo album dei Flash “Out of Our Hands”. La prima delle due perde naturalmente tutta la componente industrial ed elettronica ma… è troppo lunga (9:30) e finisce per tediare, la seconda è la degenerazione di questi ultimi Flash rispetto allo spumeggiante e sereno gruppo che fu: tenebrosa, rallentata, resa con un filo di voce, fa rimpiangere profondamente il nodoso e funkeggiante arrangiamento originale.
Flash ora più orpellosi e “pesanti” quindi… comunque bentornati! Anche fisicamente i due tengono assai bene i loro sessant’anni inoltrati. Giudico il disco di buon interesse generale ed indispensabile per gli aficionados del progressive. Salud!
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