Flavio Giurato, la rivelazione della musica italiana, artista di nicchia per eccellenza, era tornato dopo ben 23 anni dal suo ultimo "Marco Polo" (disco che segnò la fine della sua carriera "mainstream" che comunque non fu mai di grandissima visibilità, se si eccettua la partecipazione a "Mister Fantasy" di Carlo Massarini nel 1982) con "Il manuale del cantautore", 12 pezzi bellissimi su temi sociali di ieri e di oggi, alcuni già usciti nel 2002 nella prima mini-versione dell'album. A questo punto l'interrogativo era: questo ritorno di fiamma con la canzone sarebbe stato solo un episodio o il fratello di Luca (ebbene sì) avrebbe continuato a pubblicare? La seconda ipotesi si è dimostrata quella vincente, e a distanza di otto anni dal "Manuale" (pochi se si considera la distanza tra il 1984 e il 2007!) arriva "La scomparsa di Majorana", dedicata alla figura del "fisico sparito", l'album più ostico tra i sei del cantautore romano. Dieci tracce tutte diverse nello stile e nella durata, si va dal minuto introduttivo di "Los Alamos" ai 10 minuti finali de "La grande distribuzione", la canzone meglio riuscita dell'album insieme alla title-track. In mezzo a questi due pezzi agli antipodi per durata e collocazione troviamo l'arpeggio per chitarra acustica di "Sidi Bel Abbes", pezzo anche questo corto ma mirabile; "Italia Italia", canzone atipica che descrive la situazione del nostro Paese; "Tres nuraghes", dove l'ispirazione è la Sardegna e non si può non pensare a certe atmosfere di Fabrizio De Andrè; "I cavalieri del Re", lunga oltre otto minuti e sospesa tra fiaba medievale e polemiche dell'attualità"; "Gatton gattoni" e "La banda dei topini", che costituiscono un dittico, sono canzoni fortemente collegate, una dal carattere della filastrocca, l'altro della ninna nanna. Si arriva poi alla canzone che dà il titolo al lavoro, bellissima e intensa descrizione della "scomparsa misteriosa e unica di Majorana", per citare il Battiato di "Mesopotamia". La canzone prende il titolo da un saggio di Leonardo Sciascia del 1975, e parla chiaramente di quel che accadde nel fatidico 25 marzo 1938. I versi più belli, che mettono i brividi, sono: "Vicino all'Umbria in un convento è riparato... è giù in Sicilia nel paesino più sperduto, e poi si è perso il fisico sparito... Napoli, Palermo da porto a porto, nella traversata mi faccio morto...”; la nona e penultima canzone è "In caso di cura", ispirata anche all'esperienza che Giurato ha fatto come musicoterapeuta, arrivando a confermare il potere degli armonici, ma più in generale una rievocazione dei tempi dei manicomi; e infine la cavalcata de "La grande distribuzione", parlata e cantata, tra canzone e teatro, tra ortodossia e paradosso: "Donna sei prigioniera della Grande Distribuzione/ E mi sembri una capinera che solfeggia la situazione", i versi che più somigliano a un ritornello, oppure la parte delle "novecientomilalire", spassosa e valida al tempo stesso. Si chiude il disco, che era l'unico di Flavio che mancava sul Debasio. Giurato sorprenderà ancora, e passeranno solo due anni, gli stessi intercorsi tra "Il Tuffatore" e "Marco Polo", per regalarci un altro grande lavoro: "Le promesse del mondo", forse ancora più bello del "Majorana", e che a detta dell'autore chiude, a 68 anni, la sua esperienza cantautorale, formata tra un trittico analogico ("Per futili motivi", "Il Tuffatore", "Marco Polo") e uno digitale ("Il manuale del cantautore", "La scomparsa di Majorana", "Le promesse del mondo"). In un'intervista Flavio ha parlato della differenza nella lavorazione tra supporto vinilico e cd, dove nel primo caso la durata della facciata non doveva superare i 18 minuti, mentre nel secondo caso la durata è di 80 minuti ed è possibile aumentare il numero di tracce e la durata. Infatti gli ultimi due lavori, soprattutto "Le promesse", contiene tutte canzoni tra i 7 e i 9 minuti. Buon Ascolto!
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