Ebbene sì. Sono tra quelli che rimasero un poco spiazzati dal cambio stilistico di questi stralunati di Oxford, UK conosciuti come Foals.
Con Antidotes fu amore a primo ascolto. Indie rock e math rock in un amplesso danzereccio, devoto a gente come Battles e Talking Heads: mi piacque all'istante! Un mix di energia, vaneggiamenti musicali e certa cattiveria da garage-band.
Poi... Poi ci fu la svolta.
Non pensate male, chi scrive ha apprezzato ampiamente dischi come Total Life Forever e Holy Fire, anche se tutto quel mix che aveva fatto la fortuna di questi ragazzi era quasi totalmente scomparso. La musica era sempre di qualità, qualità standardizzata, meno schizofrenica e vivace come agli esordi, ma sempre e innegabilmente di qualità. Non è da tutti infatti, mostrare maturità compositiva e coraggio di osare nel giro di 2/3 album, soprattutto in un genere saturo di band-clone come l'indie rock.
Fatta questa doverosa premessa, voglio arrivare dritto al punto: What Went Down è un ottimo disco di rock moderno, suonato come si deve e arrangiato ottimamente. È come se, dopo l'esordio scanzonato e divertito, con What Went Down, si completi una trilogia di album dal suono maturo e completo, che pesca influenze dal rock alternativo, dal pop e dall'elettronica, risultando elegante, composto e ponderato. Non ci sono tecnicismi, non c'è chissà quale particolare innovazione. Ma c'è tanto, tantissimo rock tagliente e abrasivo, che gioca con la melodia e con le tastiere, e si trasforma in tutto ciò che di meglio questa piccola grande band ha da offrire.
Già dai primi ascolti si percepiscono le capacità del sestetto inglese, specialmente del frontman Yannis Philippakis, mai così deciso e diretto nel cantare prima d'ora, capace di coniugare strofe più sofferte ad altre più sospirate e ragionate.
Se alla prova notevole del frontman, aggiungiamo inoltre una cara dose di psichedelia sognante, che permea (senza soffocare, tutt'altro) l'atmosfera generale del disco, sappiamo di avere tra le mani un opera intelligente, pregna di creatività e capace di incollarsi ai nostri lettori stereo per ore e ore di ascolto.
Dai viaggi in automobile agli ascolti in cuffia, What Went Down pullula di armonie e chitarre corpose, aggressività alt-rock e malinconia pop. Elementi che raggiungono il picco in brani come "Mountain at My Gates", "A Knife In The Ocean", "London Thunder" o nella straordinaria "Albatross", vero e proprio straordinario crescendo emotivo, e che rendono l'album vario e variegato, appagante sia per i nostalgici che per gli incontentabili.
Un saluto ai lettori di Debaser!
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Altre recensioni
Di GrantNicholas
Il salto tra le band di spicco del panorama musicale britannico è stato fatto, e la maturità per i Foals sembra raggiunta.
Il disco scorre compatto, convincente e soprattutto privo di riempitivi.