Siamo negli anni ’70. Un’orda di zazzeruti senza pudore sta trasformando il buon vecchio rock’n’roll in un magma indecifrabile. Psichedelia, jazz, folk, musica sinfonica e barocchismi d’assalto, chitarre hard, moog, mellotron. Insomma, il prog. Che attecchisce ovunque nel mondo occidentale (e un po’ anche oltre la cosiddetta cortina di ferro), fino a diventare mainstream.

Ne sanno qualcosa i Focus. Arrivano dall’Olanda, terra di tulipani, provos, Coffe Shop e calcio totale, e debuttano con “In e Out of Focus”, album di scarso successo commerciale: né più né meno di un fiasco. Le cose andranno meglio in futuro: prima “Moving Waves”, uscito nel 1971, l’anno seguente sarà la volta di “Focus 3”. Due album di forte impatto, che consentiranno ai Focus di diventare una delle band più amate del momento. La ricetta del quartetto è semplice: la fisicità della sei corde di Jan Akkerman, la robustezza della sezione ritmica, composta dal bassista Bert Ruiter e dal batterista Pierre Van Der Linden, la voce e il flauto epilettico di Thijs Van Leer. Un impasto pressoché perfetto, che non disdegna il jazz e la classica. E che troverà la quadratura con un disco dal vivo: “Live at the Rainbow”: è il1973.

Il Rainbow è un teatro storico di Londra: l’esame è severo ma, per i Focus, convincere il pubblico britannico sarà un gioco da ragazzi. I quattro attingono dai già menzionati “Moving Waves” e “Focus 3”, la decisione è quella di non stravolgere più di tanto i brani nelle loro rispettive versioni da studio. Benvenute, dunque, le lunghe e pacate maratone di “Answers? Questions! Questions? Answers!” e di “Eruption”, nonché le certezze di “Focus III” e “Focus II”, arricchite da svisate miagolanti e dai timidi interventi vocali di Van Leer. Il clima si fa torrido con la trascinante “Hocus Pocus”, rimpolpata dai 26 secondi consecutivi di jodel messi insieme da un indemoniato Van Leer, e se “Sylvia” riporta il clima su di una certa pacatezza, la reprise di una “Hocus Pocus” in miniatura (probabilmente un bis) riporta il termometro su temperature alquanto calde.

“Live at the Rainbow” sarà uno dei punti più alti della discografia dei Focus, colti nel loro massimo momento di forma e di ardore. Il gruppo, tra tanti cambiamenti di line-up, reunion, rinascite e ripartenze, è arrivato sino ai nostri giorni: suona ancora nei club e produce dischi, ma quella sera al Rainbow sembra più lontana di quanto non lo sia di già.

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