Il rumoreggiare della folla scuote le viscere dello Straniero, che assiste disgustato allo spettacolo. Il popolo reclama il sangue del colpevole, mentre il potere procede alla mattanza. Panem et circenses.

Damiens era stato condannato, era il 2 marzo 1757, a “fare confessione pubblica davanti alla porta principale della Chiesa di Parigi”, dove doveva essere “condotto e posto dentro una carretta a due ruote, nudo, in camicia, tenendo una torcia di cera ardente del peso di due libbre”; poi “nella detta carretta, alla piazza di Grève, e su un patibolo che ivi sarà innalzato, tanagliato alle mammelle, braccia, cosce e grasso delle gambe, la mano destra tenente il coltello, con cui ha commesso il detto parricidio, bruciata con fuoco di zolfo e, sui posti dove sarà tanagliato, sarà gettato piombo fuso, olio bollente, pece bollente, cera e zolfo fusi insieme e in seguito il suo corpo tirato e smembrato da quattro cavalli e le sue membra e il suo corpo consumati dal fuoco, ridotti in cenere e le sue ceneri gettate al vento” [n.d.r. come recita il decreto di condanna]. Alla fine venne squartato, racconta la Gazzetta di Amsterdam. Quest’ultima operazione fu molto lunga, perché i cavalli di cui si serviva non erano abituati a tirare; di modo che al posto di quattro, bisognò metterne sei; e ciò non bastando ancora, si fu obbligati, per smembrare le cosce del disgraziato a tagliargli i nervi e a troncargli le giunture con la scure”

M. Foucault, Sorvegliare e punire. Nascita della prigione, Einaudi, Torino, 2014, p. 5 (ed. orig. Surveiller et punir. Naissance de la prison, 1975).

Ecce homo. Il ‘piacere di far violenza’ e la sua strumentalizzazione politica.

Epperò, si oppongono a tale dinamica delle regole che nascono dalla contrapposizione a secolari ingiustizie. L’amara necessità della pena conosce dei limiti. Il potere del Leviatano, affamato di consenso, conosce dei limiti. Ecco la prospettiva in cui leggere la prescrizione del reato.

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Italia. Anno domini 2019. L’art. 1, comma I lett. e), della legge 3/2019 (c.d. Spazzacorrotti) stabilisce che, a partire dal 01.01.2020, “il corso della prescrizione rimane […] sospeso dalla pronunzia della sentenza di primo grado o del decreto di condanna fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o dell’irrevocabilità del decreto di condanna”.

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Innanzitutto, in che cosa consiste la prescrizione? Si tratta di un meccanismo che determina l’estinzione del potere statuale di punire il reato, a causa del decorso di un lasso di tempo proporzionato alla gravità del delitto.

Al fine del computo si guarda alla pena massima stabilita dalla legge (comunque, non inferiore a 6 anni per i delitti). Se la sanzione consiste nell’ergastolo, il delitto è imprescrittibile. Per alcune fattispecie il termine è raddoppiato (es. violenza sessuale, omicidio stradale, oppure omicidio colposo con violazione di norme antinfortunistiche; per i reati tributati i termini sono elevati di 1/3).

Il tempo viene calcolato dalla commissione del fatto di reato.

L’attivazione dell’autorità giudiziaria comporta, in ogni caso, l’aumento dei termini (c.d. interruzione), che generalmente non possono prolungarsi oltre 1/4 del totale (1/2 per i reati di corruzione).

Al verificarsi di determinati eventi, il trascorrere del tempo viene, inoltre, congelato per ricominciare a decorrere successivamente (es. se l’avvocato o l’imputato non possono presenziare al processo; in caso di impugnazioni, per complessivi 3 anni).

Esemplificando, al netto di circostanze che possono sospendere il computo:

  • il nostro Damiens è accusato di aver commesso un furto il 18.11.2018 (art. 624 CP), condotta di cui l’Autorità Giudiziaria si interessava il 12.12.2019, il reato si prescrive il 18.05.2027. Dopo quasi 9 anni dal fatto;
  • il nostro Damiens è accusato di aver corrotto un pubblico ufficiale (art. 319 CP) il 18.11.2019, condotta di cui l’Autorità giudiziaria si interessava il 12.12.2019, il reato si prescrive il 18.05.2034. Dopo 15 anni dal fatto.

Ora, la prescrizione del reato non consente di lasciare gli individui nelle mani del Leviatano per un lasso di tempo indeterminato. Il processo penale è doloroso e costoso: l’occhio dell’inquisitore brucia, il sospetto annulla, il circo mediatico moltiplica le sofferenze, colpendo pure l’innocente (l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva, art. 27, comma II Cost.) che attende vanamente di essere giudicato.

Peraltro, col passare degli anni sfuma l’allarme sociale e viene meno il pericolo che altri siano per suggestione imitativa indotti a compiere delitti simili; col trascorrere del tempo il reo può essere divenuto un’altra persona, per cui non avrebbe senso applicargli una pena che, si rammenta, dovrebbe rieducare (art. 27, comma III Cost.).

Oltretutto, tanto più il fatto si allontana, tanto più difficile risulta provarlo.

Per queste ragioni il legislatore ha posto un limite alla furia punitiva: inquisitore, 10, 15, oppure 20 anni non ti sono forse sufficienti?

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La legge n. 3/2019 ignora queste ragioni. Dopo la sentenza di I grado, anche se di assoluzione, il processo può svilupparsi senza alcun limite temporale. Si afferma ipocritamente che il termine rimane sospeso, tuttavia è destinato a rimanere bloccato sine die.

Che la macchinosità burocratica incomba sull’innocente. La folla vuole assistere allo splendore dei supplizi? Che venga predisposto il palco nella pubblica piazza. Che il sangue scorra. Il potere ha fame di consenso.

Lo Straniero guarda il Leviatano fremere nelle sue catene, un brivido lo attraversa mentre si allontana. I suoi passi echeggiano nell’oscurità.

Post scriptum. Il Presidente del Tribunale di Torino ha recentemente affermato che: “abbiamo sottoposto a processo con rito ordinario mediamente almeno 3000 persone che a distanza media di non meno di 4 anni dall’ipotizzato reato abbiamo poi riconosciuto non colpevoli all’esito del primo grado. Il chè vuol dire 30.000 in dieci anni; 150.000 in 50 anni, pari ad 1/9 della popolazione del bacino ed a 1/5 di della popolazione attiva. Se questi numeri li proiettiamo in chiave nazionale (e non ho motivo di dubitare che siano statisticamente un campione significativo) ogni anno abbiamo almeno 150.000 indagati poi imputati che attendono almeno 4 anni dalla notizia di reato per essere assolti all’esito del primo grado; 1.500.000 ogni 10 anni. Con questo trend ne mandiamo a processo in 50 anni oltre 7 milioni che verranno assolti all’esito del primo grado.

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