Il terzo disco degli irlandesi Fontaines DC denota, come da titolo, un bisogno disperato di svuotare il serbatoio, possibilmente con ragazze a vita snella. Non a caso è stato intitolato "Skinny Figa". La prima canzone ha un titolo in irlandese che sta più o meno per "anche se l'ha data a mezza scuola mi sta bene" – sottointeso – "basta che ora la dia anche a me". Il topos letterario della fessa ritorna ossessivamente in tutte le canzoni dell'album, persino l'alce con le luci rosse in copertina è un delirio simbolista sintomo di una voglia di figa intrusiva, che si inserisce in ogni anfratto. In "Jackie Down the Line" il cantante Grian tratta il tappeto strumentale come se fosse una lettera in cui dichiarare alla popolare Jackie che è sfiancato dal masturbarsi in bagno pensando a lei e ora necessita di vero amore, in primis sul piano fisico, insomma sì vuole scopare e non sa come fare e questo lo fa uscire di testa. "Everybody gets a big shot baby" sta del resto a indicare la fantasia di saettare veementemente sul décolleté della propria crush.

Ci vuole un bel coraggio a intitolare un disco "Skinny Figa", una grande onestà nel raccontarsi, nell'aprire il proprio cuore all'ascoltatore. Per Grian Chatten si tratta di pura terapia sottoforma di post-punk post-polluzione, scuro nel mood perchè un altro giorno è trascorso senza che la figa abbia risposto al richiamo. Al termine della prima strofa di "Roman Holiday", il cantante arriva a urlare SKINNY FIGA come se stesse pregando il cielo di mandargliene giù mezza che sia disposta a dargliela, ma stando al mood della canzone e in generale di tutte le successive che vanno a comporre il disco, si comprende che l'appello non è stato accolto.

Pur di racimolare non dico una chiavata ma un mezzo limone dalla migliore amica della reginetta della scuola (va da sé meno carina di lei), Grian prova anche a cantare una canzone con la fisarmonica accentuano il timbro nasale in chiave espressionista, del tipo mi sto struggendo per te e sono sensibile scop*mi ora ti prego, ma proprio niente. Alla nona canzone la frustrazione è talmente logorante che il titolo è "I Love You". Il Nostro si gioca quindi la carta della dichiarazione pura, come i maestri stilnovisti, e proprio come questi riceve un due di picche nella sua forma più straziante: l'indifferenza dell'intrelocutrice. Giunti alla decima e ultima traccia, non restava insomma che intitolarla "Nabokov", un po' per la speranza di scopare citando un maestro della letteratura che piace alle ragazze in collant nere e capelli blu a caschetto (chiare destinatarie dell'onanismo del frontman), un po' per dare della Lolita, ergo della buttana civettuola, a 'sta tipa che dopo tre dischi post-punk da musicofilo esperto ancora non è rimasta colpita dalla sensibilità artistica di Chatten. Questo capolavoro di tenebre e Irlanda è in assoluto il miglior album mai scritto sull'incapacità di comunicare con la donna, caratteristica che unisce indissilubilmente questa band e ai suoi estimatori.

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