Mancava proprio questo disco tra le recensioni debaseriane dei Forgotten Woods, gruppo Black Metal norvegese, tanto seminale quanto forse ignorato. I Forgotten Woods pubblicarono infatti questo album nel lontano 1996 per poi sparire nel nulla nel corso dei dieci anni successivi. Nel 2007 pubblicano a sorpresa un nuovo full-lenght, che sebbene non sia considerato da me spazzatura al cento per cento, lascia comunque l'amaro in bocca e non fa niente altro che elevare al rango di leggenda questo loro penultimo lavoro che mi appresto a recensire: "The Curse Of Mankind".

I componenti di questo disco sono dolore, disperazione e solitudine, come ogni buon disco black metal dal sapore depressivo che si rispetti. Tuttavia, come quasi sempre accade, la variabilità e la genialità si riscontra nelle prime fasi della nascita di un genere (o di un sottogenere in questo caso). Infatti le atmosfere depressive qui non sono ricercate come fini a se stesse e create dal ripetersi incessante e monotono di riffs malinconici e di suoni lontani tipo CHING-CHING-CHING: il songwriting è qui abbastanza intricato e certe soluzioni risultano addirittura eclettiche e sicuramente eterodosse. Le canzoni sono molto varie al loro interno, anche se la struttura ricorrente prevede un inizio lento, una cavalcata intermedia, un rallentamento melodicheggiante con arpeggi, assolo e coretto vichingo (spesso con una parte in parlato), ancora la cavalcata, ancora un rallentamento e così via. Le influenze sono quelle obbligatorie, trattandosi di un gruppo della seconda generazione black: Darkthrone, Emperor ma soprattutto Burzum, specialmente per quanto riguarda la voce. La voce in particolare merita una attenzione speciale, visto che personalmente è il mio screaming preferito in ambito black: delle urla acide, scomposte ma piene nella voce; simile allo screaming del Conte Grishnack ma più in primo piano, uno screaming assolutamente disturbante. Meno acerbo (e forse un pò meno sincero) del precedente disco e meno provocatorio dell'ultimo, questo "The Curse Of Mankind" si presenta come il disco della maturità dei Forgotten Woods, quello insomma da consigliare e tramandare come summa dell'intera discografia dei norvegesi.

I brani durano tutti oltre i dieci minuti, tranne un simpatico intermezzo blueseggiante, assolutamente non svartmetall, e la canzone finale, di cui ci occuperemo in seguito, una cover del side-project dei Forgotten Woods, i Joyless.
Come già accennato i brani sono molto vari al loro interno ma molto simili tra di loro almeno per quanto riguarda la struttura al loro interno. Tale cosa ovviamente non dovrebbe scandalizzare nessuno che ascolti musica non progressive nelle intenzioni, dagli AC/DC ad Avril Lafrigne, figuriamoci chi ascolta metal estremo. Insomma il disco è molto omogeneo e si presta sia all'ascolto continuativo che frammentato; questo per dire che potete anche prendere un brano a caso e godere appieno della bellezza del disco. Purtroppo prendendo un brano a caso potreste anche mancare "Overmotets Pris" che è tipo tra le mie dieci canzoni preferite in assoluto (si, proprio nella stessa classifica insieme a Radio GaGa di Freddie Mercury). In questo brano secondo me è infatti racchiusa tutta la grandezza, la genialità e l'ecletticità di questo infame gruppo misantropico, nichilista ed elitario che risponde al nome di Forgotten Woods. Ascoltare per credere, dall'inizio alla fine.
Altro pezzo degno di nota è "Den Ansiktlose", molto coinvolgente nella cavalcata.

Il disco si chiude egregiamente con "Jomfrulysets Fall", cover dei Joyless. Pezzo magnifico che non richiede aggettivi ma metafore per descrivere gli effetti che provoca: dopo l'ascolto dell'intero disco, il brano di chiusura ha l'effetto di un mattone ingoiato. E il gracchiare dei corvacci neri nei quale si dissolve il riff di certo non aiuta a liberarsi del mattone.

Elenco tracce e video

01   Overmotets pris (12:14)

02   My Scars Hold Your Dreams (13:10)

03   The Starlit Waters / I, the Wanderer (18:26)

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