San Giuliano è una cittadina dell'Hinterland milanese, con un parco di fianco a una scuola. Dal parco si vedono bene gli aerei, come modellini in fase di atterraggio verso Linate. Sabato 20 settembre San Giuliano ha organizzato una festa, con tanto di notte bianca, ed allestito un palco nel parco di fianco alle scuola, tutto a spese dell'amministrazione. Poi ha chiamato De Gregori e gli ha detto: "Scusi Principe, qui a San Giuliano abbiamo un bel palco in un parco di fianco a una scuola, e facciamo pure la notte bianca: verrebbe a suonarci, tutto a spese dell'amministrazione?". E il Principe ci è venuto, ha suonato un paio d'ore intense e poi se n'è andato, tutto a spese dell'amministrazione. La serata è fresca e si sta bene; non c'è tantissima gente, e un po' dispiace considerando che si sta per esibire, tutto a spese dell'amministrazione, un gigante della musica italiana; è vero però che l'evento ha avuto scarsa pubblicità. Poco dopo le 21 il palco si anima, entrano gli artisti e parte subito il concerto.
De Gregori dal vivo è sempre una scommessa, nel bene o nel male; è l'artista che ho visto più volte in concerto, e mi sono ormai convinto che le sue performances dipendano sensibilmente dall'umore del momento, potendosi risolvere in spettacoli deludenti o al contrario di alto livello. Questo concerto in particolare è stato molto molto buono. Ottima innanzitutto la scelta dei brani. Essendo di recente pubblicazione l'ultimo disco in studio, che ho trovato piuttosto modesto rispetto ai precedenti, temevo che il concerto fosse infarcito delle nuove canzoni. In realtà i brani dall'ultimo disco sono solo quattro (Finestre rotte, L'angelo di Lyon, Per brevità chiamato artista e L'Infinito) e ben distribuiti nell'arco dell'intera esibizione. Prevalgono invece i grandi classici, spesso ampiamente rimaneggiati, tanto da essere irriconoscibili finché non parte il cantato (e questo, insieme al fatto che il Principe anticipa o ritarda spesso l'attacco, ci rende piuttosto difficile fargli il coro). È il caso di Alice, Cercando un altro Egitto, Viva l'Italia e Festival, quest'ultima in una bella versione cupa cupa. Più fedeli all'originale invece Rimmel, Buonanotte Fiorellino, Generale, Titanic, La leva calcistica della classe del '68 e La Donna Cannone, eseguita in apertura del bis. Accanto a questi pezzi da novanta non sfigurano i brani "minori", a partire da una sorprendente Capo d'Africa, passando per L'Abbigliamento di un Fuochista, Battere e Levare, molto country con il violino in evidenza, Deriva, Il Bandito e il Campione e Vai in Africa, Celestino!. Chiude il concerto, prima del bis, La Valigia dell'Attore, canzone pensata per l'esecuzione live e spudoratamente acchiappa applausi, anche per merito della teatralità di De Gregori.
Ottima anche l'esecuzione dei brani, e gran merito va alla band che da un po' accompagna il Principe, sia in studio che dal vivo. Bravi, tanto da meritare una menzione: Paolo Giovenchi chitarra, Alessandro Arianti pianoforte e fisarmonica, Alessandro Valle mandolino, dobro e pedal steel guitar, Stefano Parenti batteria, Lucio Bardi seconda chitarra e violino, il fido Guido Guglielminetti basso e contrabbasso. Ma nonostante la bravura del gruppo, il momento più intenso resta quando De Gregori, a metà del concerto, riempie da solo il palco piazzando un trittico formidabile: arpeggio di chitarra per Pezzi di Vetro, poi si siede al piano e regala una tenera Santa Lucia e chiude la parentesi "solista" con La Storia. È davvero un piacere ascoltare quella voce calda, dal timbro che migliora col passare degli anni, che tiene senza sbavature per tutta la serata.
Insomma, come direbbe Pizzul, tutto molto bello. Ancora di più, se penso che a malincuore ho dovuto rinunciare a Tom Waits, e rinuncerò a Leonard Cohen per i prezzi spropositati dei loro biglietti, mentre questo piccolo grande artista nostrano suona per due ore e passa gratis (vabbeh, a spese dell'amministrazione; resta che io non ho sborsato un euro) e regala una manciata di stelle tra le scie degli aereoplani.
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