"Ma bella più di tutte, l'Isola Non-Trovata
quella che il Re di Spagna s'ebbe da suo cugino
il Re di Portogallo con firma sugellata
e bulla del Pontefice in gotico latino."
G. Gozzano, 'La più bella', 1913
"Il Re di Spagna fece vela..." e così si parte: la nave è pronta, l'equipaggio è già a bordo, non si può aspettare ancora per partire verso una meta che non esiste, un'isola che non è stata trovata, e che non si troverà. Ma si viaggia, si deve viaggiare, attraverso la Vita, ed il tempo che la rende così ambigua, volgare, precaria e dissennata.
Guccini queste cose le sa bene, e anche se del crepuscolarismo era avvertibile già nei primi due LP è con questo del 1970 che inizia il suo viaggio verso l'ignoto, un viaggio di canzoni che, con un po' di coraggio e fantasia potremmo considerare conclusosi più di dieci anni dopo, quando in 'Guccini', sosterrà la vanità del viaggio, della ricerca, e interromperà involontariamente la produzione di album insuperabili, validissimi.
L'inizio è proprio con 'L'isola non trovata', primo di tanti capolavori, rottura abbastanza sentita con i due LP precedenti, meno omogenei, più forzati e compilativi di questo, dove invece, insiste spesso sullo stesso tema: il tempo, e la sua funzione nella nostra vita, la linearità umana così contraria alla ciclicità della Natura, il disagio esistenziale, il vuoto. Unica reazione: il viaggio, la ricerca. La stessa reazione sarà quella di Vecchioni con un album intitolato proprio 'Elisir', dove un buon rimedio, quasi magico, al dubbio, all'inutilità e la volgarità sarà, appunto, di nuovo il viaggio. Due viaggi molto diversi quelli tra i due autori, ma lo vedremo un'altra volta.
I brani non sono pochi, rispetto alla formula di sei brani ricorrente nel Guccini anni '70. Sono 10 e tra questi non mancano dei 'riempitivi', occhio, per album come questo e anche come 'Elisir' di prima, che ha lo stesso numero di tracce, dei riempitivi ci sono per forza, ma lo sono rispetto alla grandezza di alcuni brani che li affiancano, quindi relativamente.
Tra i brani 'deboli' segnalo in generale la seconda parte dell'LP, il lato B: che propone il trittico 'Canzone di notte'; 'Il tema'; 'L'uomo', oltre all'ottimo brano 'Asia', ed alla ripresa dell'incipit. Quindi più scarno del lato A. Il trittico di prima appunto è formato dai brani meno forti, 'Canzone di notte' è ambigua, tra lo scherzo e la cupezza, ma non riesce a dare un effetto molto efficace; 'L'uomo' è troppo simile, come idea, ai primi due LP, mi ricorda le descrizioni, le brevi storie de 'L'albero ed io' o 'Il compleanno', dove si avverte qualcosa di sinistro, ma non è ben inquadrato, la realizzazione è ottima, molto gucciniana, anche come scelta delle parole, è l'idea che manca di spinta, si sente che non è concepito come un brano di spicco; 'Il tema' torna sul 'tema' appunto del tempo, nonostante si sia già ascoltato nel lato A il manifesto di questo tema, un brano molto più celebre e riuscito meglio: 'Un altro giorno è andato'.
Questo primo capolavoro di Guccini non presenta solo brani indispensabili, ma andiamo ai momenti migliori. L'apertura e chiusura, così mistica, fosca, buia, 'l'isola non trovata', verso cui ci si muove scandagliando il buio, aguzzando l'occhio tra i dubbi e le nubi, e poi il cantato, così aspro con parole così calde "...le antiche carte dei corsari/ portano un segno misterioso/ ne parlan piano i marinari/ con un timor superstizioso..."
Ma soprattutto l'esistenzialismo de 'La collina', uno brano molto gucciniano, per l'idea più che per l'effettiva realizzazione, che influisce molto sulla mia ottima considerazione del disco. 'Un altro giorno è andato' uno dei brani migliori sul tempo, sulla sua vaghezza ed inafferabilità, tema su cui tornerà spesso e di cui questo brano può essere un precoce e un pò ingenuo manifesto (se confrontato al tempo spietato de 'Canzone della vita quotidiana', forse il brano più gucciniano di tutta la sua produzione), il ritratto de 'Il frate', che descrive sicuramente anche una parte del Guccini stesso, ma che in queste immedesimazioni soffre un poco, gli stanno strette, funzionano meglio con Vecchioni che invece infila e sfila i panni di tanti personaggi con facilità e mescolando la coerenza storica (quasi mai importante) all'autobiografismo. Poi ancora 'Asia', un brano atipico, fermo, statico, parla dell'Asia, appunto, difficile dire se si tratti di un brano 'importante' o di passaggio, difficile capire il collegamento con un'isola non-trovata, l'Asia c'è, ma sarà comunque sempre un mistero per l'uomo occidentale.
Elenco tracce testi samples e video
01 L'isola non trovata (02:43)
La vedi nel cielo quell' alta pressione, la senti una strana stagione
Ma a notte la nebbia ti dice d' un fiato che il dio dell' inverno è arrivato
Lo senti un aereo che porta lontano, lo senti quel suono di un piano
Di un Mozart stonato che prova e riprova, ma il senso del vero non trova
Lo senti il perchè di cortili bagnati, di auto a morire nei prati
La pallida linea di vecchie ferite, di lettere ormai non spedite
Lo vedi il rumore di favole spente, lo sai che non siamo più niente
Non siamo un aereo né un piano stonato, stagione, cortile od un prato
Conosci l' odore di strade deserte che portano a vecchie scoperte
E a nafta, telai, ciminiere corrose, a periferie misteriose
E a rotaie implacabili per nessun dove, a letti, a brandine, ad alcove
Lo sai che colore han le nuvole basse e I sedili di un' ex terza classe
L' angoscia che dà una pianura infinita, hai voglia di me e della vita
Di un giorno qualunque, di una sponda brulla, lo sai che non siamo più nulla
Non siamo una strada né malinconia, un treno o una periferia
Non siamo scoperta né sponda sfiorita, non siamo né un giorno né vita
Non siamo la polvere di un angolo tetro, né un sasso tirato in un vetro,
Lo schiocco del sole in un campo di grano, non siamo, non siamo, non siamo
Si fa a strisce il cielo e quell' alta pressione è un film di seconda visione
È l' urlo di sempre che dice pian piano
Non siamo, non siamo, non siamo
05 Un altro giorno è andato (04:11)
E un altro giorno è andato, la sua musica ha finito,
quanto tempo è ormai passato e passerà?
Le orchestre di motori ne accompagnano i sospiri:
l' oggi dove è andato l' ieri se ne andrà.
Se guardi nelle tasche della sera
ritrovi le ore che conosci già,
ma il riso dei minuti cambia in pianto ormai
e il tempo andato non ritroverai...
Giornate senza senso, come un mare senza vento,
come perle di collane di tristezza...
Le porte dell'estate dall' inverno son bagnate:
fugge un cane come la tua giovinezza.
Negli angoli di casa cerchi il mondo,
nei libri e nei poeti cerchi te,
ma il tuo poeta muore e l' alba non vedrà
e dove corra il tempo chi lo sa?
Nel sole dei cortili i tuoi fantasmi giovanili
corron dietro a delle Silvie beffeggianti,
si è spenta la fontana, si è ossidata la campana:
perchè adesso ridi al gioco degli amanti?
Sei pronto per gettarti sulle strade,
l' inutile bagaglio hai dentro in te,
ma temi il sole e l' acqua prima o poi cadrà
e il tempo andato non ritornerà...
Professionisti acuti, fra i sorrisi ed i saluti,
ironizzano i tuoi dubbi sulla vita,
le madri dei tuoi amori sognan trepide dottori,
ti rinfacciano una crisi non chiarita:
la sfera di cristallo si è offuscata
e l' aquilone tuo non vola più,
nemmeno il dubbio resta nei pensieri tuoi
e il tempo passa e fermalo se puoi...
Se i giorni ti han chiamato tu hai risposto da svogliato,
il sorriso degli specchi è già finito,
nei vicoli e sui muri quel buffone che tu eri
è rimasto solo a pianger divertito.
Nel seme al vento afferri la fortuna,
al rosso saggio chiedi i tuoi perchè,
vorresti alzarti in cielo a urlare chi sei tu,
ma il tempo passa e non ritorna più...
E un altro giorno è andato, la sua musica ha finito,
quanto tempo è ormai passato e passerà!
Tu canti nella strada frasi a cui nessuno bada,
il domani come tutto se ne andrà:
ti guardi nelle mani e stringi il vuoto,
se guardi nelle tasche troverai
gli spiccioli che ieri non avevi, ma
il tempo andato non ritornerà,
il tempo andato non ritornerà,
il tempo andato non ritornerà...
09 Asia (05:12)
Fra fiori tropicali, fra grida di dolcezza
La lenta lieve brezza scivolava.
E piano poi portava fischiando fra la rete
L'odore delle sete e della spezia.
Leone di Venezia, leone di S. Marco
L'arma cristiana è al varco dell'oriente.
Ai porti di ponente il mare ti ha portato
I carichi di avorio e di broccato.
Le vesti dei mercanti trasudano di ori,
Tesori immani portano le stive.
Si affacciano alle rive le colorate vele,
Fragranti di garofano e di pepe.
Trasudano le schiene, schiantate dal lavoro
Son per la terra mirra, l'oro e incenso.
Sembra che sia nel vento su fra la palma somma
Il grido del sudore e della gomma.
E l'Asia par che dorma, ma sta sospesa in aria
L'immensa millenaria sua cultura.
I bianchi e la natura non possono schiacciare
I Buddah, i Chela, gli uomini ed il mare.
Leone di S. Marco, leone del profeta,
Ad est di Creta corre il tuo Vangelo.
Si staglia contro il cielo il tuo simbolo strano
La spada, e non il libro hai nella mano.
Terra di meraviglie, terra di grazie e mali
Di mitici animali da "bestiari".
Arriva dai santuari fin sopra all'alta plancia
Il fumo della ganja e dell'incenso.
E quel profumo intenso, è rotta di gabbiani:
Segno di vani simboli divini.
E gli uccelli marini additano col volo
La strada del Katai per Marco Polo.
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Di Grasshopper
L’isola non trovata è il simbolo della verità che ci sfugge, del continuo sforzo per raggiungerla.
È il classico disco da leggere più che da ascoltare, uno dei migliori che i nostri cantautori ci abbiano mai regalato.