"Appare a volte avvolta di foschia, magica e bella, ma se il pilota avanza su mari misteriosi è già volata via, tingendosi d'azzurro, color di lontananza..."
Il tentativo di afferrare il senso della vita, il vero, attraverso la fuga nel misterioso, nell'irrazionale è da sempre il chiodo fisso di Guccini, come lo è probabilmente di ogni essere pensante, che non accetti di vivere solo in quanto consumatore. Ma quanti di noi sanno esprimerlo con parole illuminanti come quelle che ricorrono più volte nello sterminato repertorio gucciniano? Butto giù le prime frasi che mi vengono in mente:
"restano i sogni senza tempo, le impressioni di un momento, le luci nel buio di case intraviste da un treno..."
"la vera ambiguità è la vita che viviamo, il qualcosa che chiamiamo esser uomini..."
"soffiasse davvero quel vento di scirocco e arrivasse ogni giorno per spingerci a guardare dietro la faccia abusata delle cose, nei labirinti oscuri delle case..."
Ne cito tre ma ne potrei trovare a decine, soprattutto concentrate in questo fondamentale album del 1970, "L'isola non trovata", fondamentale se non altro perché è da questo disco in poi che Guccini decide seriamente di proseguire il suo percorso artistico. "L'isola non trovata" è il simbolo della verità che ci sfugge, del continuo sforzo per raggiungerla, naturalmente destinato a rimanere vano, ma al tempo stesso ragione di vita. La canzone è stranamente spezzata in due tronconi, uno all'inizio e uno alla fine del disco; personalmente la preferisco tutta intera, come è nel doppio disco "live" "Fra la Via Emilia e il West", ma ciò non sposta di un millimetro la bellezza delle parole e il loro significato profondo. Anche gran parte delle altre canzoni hanno come tema conduttore la ricerca del vero, ricerca tentata nei più svariati modi: uno può essere la sapienza mista all'ubriachezza di un personaggio realmente esisitito in quel di Pàvana, "Il frate" persona colta e spirituale che pure viveva "vestito di stracci e stranezza" in un paese dove rappresentava un po' lo scemo del villaggio, ma al tempo stesso "parlava di Dio e Schopenauer", al punto che lo stesso Guccini ammette di avere seri dubbi su chi fosse tra loro due che aveva capito la vita. Un personaggio dai tratti indelebili, questo frate, quanto invece indistinto è "L'uomo", del quale alla morte, in contrasto con il caotico piangere e affannarsi dei parenti "restò solo qualcosa che volò... nell'aria calma e poi svanì... per dove non sapremo mai..".
Il mistero della vita e della morte può essere anche rappresentato da un continente, e nessuno meglio dell'enigmatica "Asia", che "par che dorma, ma sta sospesa in aria.." è adatto a questa similitudine. "Terra di meraviglie" per eccellenza, con i suoi "mitici animali da bestiario", può essere esplorata in lungo e in largo da tutti i Marco Polo di questo mondo, ma nessuno riuscirà a scoprirne i veri tesori nascosti. L'intuizione momentanea del senso della vita è sempre in agguato: "L'orizzonte di K.D." anticipa in qualche modo la "Canzone della bambina portoghese". Anche qui la protagonista avverte una sensazione improvvisa e sconosciuta ("Pianse qualcuno lontano che forse non conosceva...") per tornare rapidamente alla normalità. "La collina" è come l'Isola non trovata: un luogo che nessuno vede mai perché eternamente coperta da una nebbia che avvolge la sommità... eppure esiste, o almeno DEVE esistere. Insieme al "filo rosso" del mistero della vita, appare qui un altro tema frequente nei testi gucciniani, che addirittura negli ultimi dischi diventerà ossessivo: l'inesorabilità dello scorrere del tempo, forse mai resa in maniera così diretta e cruda come in "Un altro giorno è andato", ma presente anche in "Canzone di notte" (la prime delle tre "Canzoni di notte" di Guccini), dove è resa più sopportabile da un'abbondante dose di ironia e da una scorta ancora più abbondante di vino.
Due parole anche sulla parte musicale: da questo album in poi appare il futuro nucleo della "band" gucciniana: il pianista Vince Tempera, il bassista Ares Tavolazzi, il batterista Ellade Bandini, tre ottimi musicisti. E si sente: anche se c'è ancora qualche ingenuità (es. il "moog" esagerato che sfigura "La collina"), il suono rispetto all'album precedente è molto più gradevole. Ma è chiaro che si tratta del classico disco "da leggere" più che da ascoltare, e in questo senso è uno dei migliori che i nostri cantautori ci abbiano mai regalato.
Elenco tracce testi samples e video
01 L'isola non trovata (02:43)
La vedi nel cielo quell' alta pressione, la senti una strana stagione
Ma a notte la nebbia ti dice d' un fiato che il dio dell' inverno è arrivato
Lo senti un aereo che porta lontano, lo senti quel suono di un piano
Di un Mozart stonato che prova e riprova, ma il senso del vero non trova
Lo senti il perchè di cortili bagnati, di auto a morire nei prati
La pallida linea di vecchie ferite, di lettere ormai non spedite
Lo vedi il rumore di favole spente, lo sai che non siamo più niente
Non siamo un aereo né un piano stonato, stagione, cortile od un prato
Conosci l' odore di strade deserte che portano a vecchie scoperte
E a nafta, telai, ciminiere corrose, a periferie misteriose
E a rotaie implacabili per nessun dove, a letti, a brandine, ad alcove
Lo sai che colore han le nuvole basse e I sedili di un' ex terza classe
L' angoscia che dà una pianura infinita, hai voglia di me e della vita
Di un giorno qualunque, di una sponda brulla, lo sai che non siamo più nulla
Non siamo una strada né malinconia, un treno o una periferia
Non siamo scoperta né sponda sfiorita, non siamo né un giorno né vita
Non siamo la polvere di un angolo tetro, né un sasso tirato in un vetro,
Lo schiocco del sole in un campo di grano, non siamo, non siamo, non siamo
Si fa a strisce il cielo e quell' alta pressione è un film di seconda visione
È l' urlo di sempre che dice pian piano
Non siamo, non siamo, non siamo
05 Un altro giorno è andato (04:11)
E un altro giorno è andato, la sua musica ha finito,
quanto tempo è ormai passato e passerà?
Le orchestre di motori ne accompagnano i sospiri:
l' oggi dove è andato l' ieri se ne andrà.
Se guardi nelle tasche della sera
ritrovi le ore che conosci già,
ma il riso dei minuti cambia in pianto ormai
e il tempo andato non ritroverai...
Giornate senza senso, come un mare senza vento,
come perle di collane di tristezza...
Le porte dell'estate dall' inverno son bagnate:
fugge un cane come la tua giovinezza.
Negli angoli di casa cerchi il mondo,
nei libri e nei poeti cerchi te,
ma il tuo poeta muore e l' alba non vedrà
e dove corra il tempo chi lo sa?
Nel sole dei cortili i tuoi fantasmi giovanili
corron dietro a delle Silvie beffeggianti,
si è spenta la fontana, si è ossidata la campana:
perchè adesso ridi al gioco degli amanti?
Sei pronto per gettarti sulle strade,
l' inutile bagaglio hai dentro in te,
ma temi il sole e l' acqua prima o poi cadrà
e il tempo andato non ritornerà...
Professionisti acuti, fra i sorrisi ed i saluti,
ironizzano i tuoi dubbi sulla vita,
le madri dei tuoi amori sognan trepide dottori,
ti rinfacciano una crisi non chiarita:
la sfera di cristallo si è offuscata
e l' aquilone tuo non vola più,
nemmeno il dubbio resta nei pensieri tuoi
e il tempo passa e fermalo se puoi...
Se i giorni ti han chiamato tu hai risposto da svogliato,
il sorriso degli specchi è già finito,
nei vicoli e sui muri quel buffone che tu eri
è rimasto solo a pianger divertito.
Nel seme al vento afferri la fortuna,
al rosso saggio chiedi i tuoi perchè,
vorresti alzarti in cielo a urlare chi sei tu,
ma il tempo passa e non ritorna più...
E un altro giorno è andato, la sua musica ha finito,
quanto tempo è ormai passato e passerà!
Tu canti nella strada frasi a cui nessuno bada,
il domani come tutto se ne andrà:
ti guardi nelle mani e stringi il vuoto,
se guardi nelle tasche troverai
gli spiccioli che ieri non avevi, ma
il tempo andato non ritornerà,
il tempo andato non ritornerà,
il tempo andato non ritornerà...
09 Asia (05:12)
Fra fiori tropicali, fra grida di dolcezza
La lenta lieve brezza scivolava.
E piano poi portava fischiando fra la rete
L'odore delle sete e della spezia.
Leone di Venezia, leone di S. Marco
L'arma cristiana è al varco dell'oriente.
Ai porti di ponente il mare ti ha portato
I carichi di avorio e di broccato.
Le vesti dei mercanti trasudano di ori,
Tesori immani portano le stive.
Si affacciano alle rive le colorate vele,
Fragranti di garofano e di pepe.
Trasudano le schiene, schiantate dal lavoro
Son per la terra mirra, l'oro e incenso.
Sembra che sia nel vento su fra la palma somma
Il grido del sudore e della gomma.
E l'Asia par che dorma, ma sta sospesa in aria
L'immensa millenaria sua cultura.
I bianchi e la natura non possono schiacciare
I Buddah, i Chela, gli uomini ed il mare.
Leone di S. Marco, leone del profeta,
Ad est di Creta corre il tuo Vangelo.
Si staglia contro il cielo il tuo simbolo strano
La spada, e non il libro hai nella mano.
Terra di meraviglie, terra di grazie e mali
Di mitici animali da "bestiari".
Arriva dai santuari fin sopra all'alta plancia
Il fumo della ganja e dell'incenso.
E quel profumo intenso, è rotta di gabbiani:
Segno di vani simboli divini.
E gli uccelli marini additano col volo
La strada del Katai per Marco Polo.
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Altre recensioni
Di Carlo V.
"La nave è pronta, l'equipaggio è già a bordo, non si può aspettare ancora per partire verso un'isola che non è stata trovata."
"Un altro giorno è andato, uno dei brani migliori sul tempo, sulla sua vaghezza ed inafferabilità."