Album celeberrimo, pubblicato tra 'Stanze di vita quotidiana' e 'Amerigo', cioè in quei 10-15 anni in cui Guccini rendeva oro tutto ciò in cui metteva penna, voce e chitarra. Di questo LP si sa già tutto, è forse il più noto, traghettato da canzoni divenute 'manifesti' come 'L'avvelenata' o 'Canzone di notte n.2'.
Io propongo un riascolto, ed una nuova idea di questo album, che per alcuni, dopo lo scivolone di 'Stanze di vita quotidiana', riporta il 'Maestrone' alla poesia e all'impegno di 'Radici'. Per me questa idea necessita di molta fantasia, ritengo 'Radici' superiore di parecchio a questo LP, che invece se la gioca bene sia con l'ambiguo e pluricondannato (persino dallo stesso Guccini) episodio precedente, e anche con l'interessante episodio successivo.
Se è interessante ed originale la storia de 'Piccola storia ignobile', in cui ad una idea nuova di canzone corrisponde anche una realizzazione ottima per scelta di parole, se in 'Canzone di notte N.2' c'è il brano gucciniano dell'album, è vero anche che abbiamo due brani nettamente minori: 'L'avvelenata', poco più che un'invettiva, onestamente, poco convincente, per chi come me preferisce un Guccini cupo e riflessivo ad uno sicuro di sé, incazzato ed urlante; e poi 'Via Paolo Fabbri 43', in cui un po' di introspezione è scrutabile dietro le battute e gli escamotage comici o addirittura le frecciatine ai colleghi (il summit per il canto popolare). Questi due brani sono giustificabili, ma non dimentichiamoci che parliamo di un album di sole sei canzoni, se ne sacrifichiamo due per rendere l'ascolto più divertente e leggero rischiamo di mutilare il disco in maniera irreparabile.
Insomma ho promosso i primi due brani, anche se personalmente, per ragioni diverse, li ritengo tutt'altro che 'immortali'. Restano gli ultimi due: il quinto è un brano cupo e gucciniano già dal titolo 'Canzone quasi d'amore', di gran lunga il brano migliore dell'album, la straordinaria costruzione metrica ripara un brano forse troppo prolisso e lento, ma in cui troviamo, nella strofa finale, uno dei momenti migliori di tutti i suoi anni Settanta:
"Fingo di aver capito
che vivere è incontrarsi
aver sonno, appetito
far dei figli, mangiare
bere, leggere, amare
...grattarsi!"
è questo che voglio sentire! non il lamentarsi condito di parolacce de 'L'avvelenata', né tanto meno, ahimè, mi sento di promuovere 'Il pensionato', che chiude un album che rimane tra i momenti migliori nella canzone d'autore italiana, ma a cui manca l'intuizione brillante, la perla. Il contrario degli album precedente/ successivo, dove accanto a brani forse meno ispirati troviamo nel primo 'Canzone per Piero', nell'altro 'Amerigo', brani monumentali, come qui non ce ne sono.
Appunto, l'ultimo brano è 'Il pensionato', uno statico ritratto come già ne abbiamo visti ne 'Il frate', 'Ophelia', e come ne vedremo in 'Signora Bovary' e più avanti ancora, nell'album intitolato appunto 'Ritratti', che non a caso è uno dei peggiori della sua produzione. Guccini non ha l'intuizione camaleontica di Vecchioni, nel calarsi nella pelle altrui, per captarne lo spirito e rimarlo, a lui i ritratti vengono sicuramente peggio. Questo non fa da eccezione.
Capisco che mi darete addosso come al solito per aver bocciato il vostro disco preferito, ma sul serio, mi dite in questo disco dove sono la poesia gucciniana, l'esistenzialismo disperato, e le altre cose che me ne hanno fatto innamorare?
Disco pregevolissimo per essere comunque quasi anonimo.
Elenco tracce testi e video
04 Via Paolo Fabbri 43 (08:07)
Fra "krapfen" e "boiate" le ore strane son volate,
grasso l' autobus m' insegue lungo il viale
e l' alba è un pugno in faccia verso cui tendo le braccia,
scoppia il mondo fuori porta San Vitale
e in via Petroni si svegliano,
preparano libri e caffè
e io danzo con Snoopy e con Linus
un tango argentino col caschè!
Se fossi più gatto, se fossi un po' più vagabondo,
vedrei in questo sole, vedrei dentro l' alba e nel mondo,
ma c'è da sporcarsi il vestito e c'è da sgualcire il gilet:
che mamma mi trovi pulito qui all' alba in via Fabbri 43!
I geni musicali preannunciati dai giornali
hanno officiato e i sacri versi hanno cantati,
le elettriche impazziscono, sogni e malattie guariscono,
son poeti, santi, taumaturghi e vati:
con gioia e tremore li seguo
dal fondo della mia città,
poi chiusa la soglia do sfogo
alla mia turpe voglia.... ascolto Bach!
Se solo affrontassi la mia vita come la morte,
avrei clown, giannizzeri, nani a stupir la tua corte,
ma voci imperiose mi chiamano e devo tornare perchè
ho un posto da vecchio giullare qui in via Paolo Fabbri 43!
Gli arguti intellettuali trancian pezzi e manuali,
poi stremati fanno cure di cinismo,
son pallidi nei visi e hanno deboli sorrisi
solo se si parla di strutturalismo.
In fondo mi sono simpatici
da quando ho incontrato Descartes:
ma pensa se le canzonette
me le recensisse Roland Barthes!
Se fossi accademico, fossi maestro o dottore,
ti insignirei in toga di quindici lauree ad honorem,
ma a scuola ero scarso in latino e il "pop" non è fatto per me:
ti diplomerò in canti e in vino qui in via Paolo Fabbri 43!
Jorge Luis Borges mi ha promesso l' altra notte
di parlar personalmente col "persiano",
ma il cielo dei poeti è un po' affollato in questi tempi,
forse avrò un posto da usciere o da scrivano:
dovrò lucidare i suoi specchi,
trascriver quartine a Kayyam,
ma un lauro da genio minore
per me, sul suo onore, non mancherà...
Se avessi coraggio, se aprissi del tutto le porte,
farei fuochi greci e girandole per la tua fronte,
ma sai cosa io pensi del tempo e lui cosa pensa di me:
sii saggia com' io son contento qui in via Paolo Fabbri 43!
La piccola infelice si è incontrata con Alice
ad un summit per il canto popolare,
Marinella non c' era, fa la vita in balera
ed ha altro per la testa a cui pensare:
ma i miei ubriachi non cambiano,
soltanto ora bevon di più
e "il frate" non certo la smette
per fare lo speaker in TV.
Se fossi poeta, se fossi più bravo e più bello,
avrei nastri e gale francesi per il tuo cappello,
ma anche i miei eroi sono poveri, si chiedono troppi perchè:
già sbronzi al mattino mi svegliano urlando in via Fabbri 43!
Gli eroi su Kawasaki coi maglioni colorati
van scialando sulle strade bionde e fretta,
personalmente austero vesto in blu perchè odio il nero
e ho paura anche d' andare in bicicletta:
scartato alla leva del jet-set,
non piango, ma compro le Clark,
se devo emigrare in America,
come mio nonno, prendo il tram!
Se tutto mi uscisse, se aprissi del tutto i cancelli,
farei con parole ghirlande da ornarti i capelli,
ma madri e morali mi chiudono,
ritorno a giocare da me:
do un party, con gatti e poeti,
qui all' alba in via Fabbri 43!
05 Canzone quasi d'amore (04:10)
Non starò più a cercare parole che non trovo
per dirti cose vecchie con il vestito nuovo,
per raccontarti il vuoto che, al solito, ho di dentro
e partorire il topo vivendo sui ricordi,
giocando coi miei giorni, col tempo...
O forse vuoi che dica che ho i capelli più corti
o che per le mie navi son quasi chiusi i porti;
io parlo sempre tanto, ma non ho ancora fedi,
non voglio menar vanto di me o della mia vita
costretta come dita dei piedi...
Queste cose le sai perché siam tutti uguali
e moriamo ogni giorno dei medesimi mali,
perché siam tutti soli ed è nostro destino
tentare goffi voli d'azione o di parola,
volando come vola il tacchino...
Non posso farci niente e tu puoi fare meno,
sono vecchio d'orgoglio, mi commuove il tuo seno
e di questa parola io quasi mi vergogno,
ma c'è una vita sola, non ne sprechiamo niente
in tributi alla gente o al sogno...
Le sere sono uguali, ma ogni sera è diversa
e quasi non ti accorgi dell'energia dispersa
a ricercare i visi che ti han dimenticato
vestendo abiti lisi, buoni ad ogni evenienza,
inseguendo la scienza o il peccato...
Tutto questo lo sai e sai dove comincia
la grazia o il tedio a morte del vivere in provincia
perché siam tutti uguali, siamo cattivi e buoni
e abbiam gli stessi mali, siamo vigliacchi e fieri,
saggi, falsi, sinceri... coglioni!
Ma dove te ne andrai? Ma dove sei già andata?
Ti dono, se vorrai, questa noia già usata:
tienila in mia memoria, ma non è un capitale,
ti accorgerai da sola, nemmeno dopo tanto,
che la noia di un altro non vale...
D'altra parte, lo vedi, scrivo ancora canzoni
e pago la mia casa, pago le mie illusioni,
fingo d'aver capito che vivere è incontrarsi,
aver sonno, appetito, far dei figli, mangiare,
bere, leggere, amare... grattarsi!
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Di Gale
«...che poi infine tutti avremo due metri di terreno»
«Vivire è incontrarsi, aver sonno, appetito, far dei figli, mangiare, bere, leggere, amare, grattarsi.»