Ho visto “Le città di pianura”, incuriosito dalle ottime recensioni lette in rete che scrivevano di una specie di road movie in un Veneto/far-west.

Ma? Che dire? Probabilmente i vari recensori devono avere un'idea tutta loro del Veneto, sicuramente diversa da chi ci vive veramente. Il film è molto debole, ha una trama esile e l'apice solo nel tasso alcolico molto, ma molto alto. I personaggi sono interpretati anche con buon estro, ma poco aiutati dalla sceneggiatura, fatta soprattutto di luoghi comuni, sul bere l'ultimo bicchiere come unico senso della vita, con adulti mai cresciuti e la presenza di un giovane studente di architettura (un bravo Filippo Scotti, quello di “E’ stata la mano di dio” di Sorrentino) che si fatica a credere che venga coinvolto così facilmente nella tre giorni di scorribande alcoliche lungo la pianura veneta.

Qualche buono spunto c'è, l'episodio della villa (con un occhio ad Amici miei) minacciata dalla costruzione di una fantomatica autostrada Lisbona-Treviso-Budapest, Carlo Scarpa e la visita alla tomba Brion, la teoria economica dell'utilità marginale spiegata perfettamente con l'ausilio di alcune fette di salame (sarebbe carino proporla alle lezioni di microeconomia all'università), la mappa del tesoro (costruita però con qualche titubanza e risolta poi in maniera troppo sbrigativa). Ma queste piccole perle annegano (anche nel vero senso della parola) tra i fumi dell'alcol e una parte centrale del film che gira un po' a vuoto.

In conclusione non mi sembra di aver visto una pellicola imperdibile (era pure domenica e ho pagato 9 euro) e anche un futuro passaggio televisivo non credo sia da attendere con troppa ansia.

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