L’altro giorno ho comprato una piccola pianta di gelso rosso sapendo che dovrò aspettare sette anni prima di poter raccogliere i primi frutti. Oltre a ciò, so anche dell’impossibilità di cogliere il gelso più maturo, al minimo passo esitato e tendersi della mano lui si stacca e cade per terra, come la coda di una lucertola. Allora mi domando se vale la pena aspettare così tanto tempo per far crescere frutti buoni e succosi che mai assaggerò.

Sempre di recente son sbocciati i miei gigli turchi, scientificamente conosciuti come Hemerocallis Fulva, io preferisco chiamarli con il loro nome scientifico che deriva dal greco e significa in poche parole “bellezza fugace”, si perché la vita di questi fiori dura il tempo di una notte, di giorno infatti si presentano già smunti e smorti. In due fusti e una dozzina di boccioli non sono riuscito a vedere la schiusa di un singolo fiore. Dovrei forse passare una notte insonne per ammirare un solo fiore nel suo massimo splendore?

Le risposte non tardano ad arrivare grazie a Piavoli ed il suo “Il Pianeta azzurro”

Noto il verde dei prati ed il nero della notte e non sono altro che sfumature di blu.

Noto l’uomo quando fa l’uomo e sembra solo un avanzo: quando lavora, quando mangia, quando aspetta, quando dorme, quando guida i corsi d’acqua o smuove pietre, alloctono di un intero mondo, assente e romito nel suo fuggevole abbacarsi e che solo in momenti di inusitata irragionevolezza, tra invisibili sagome in soffici letti di poaceae è presente.

Piavoli mi risponde in modo molto esaustivo ed abbastanza scontato, dicendomi che è impossibile eternare la natura, che siano sette anni o una sola sera.

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