Strano a dirsi, ma il mio primo ascolto per intero di quest'album è storia recente, anzi, storia di questi giorni. E pensare che il primo album che acquistai fu "The Very Best of Freddie Mercury Solo", uscito nel 2005 e accompagnato da una massiccia promozione mediatica. Una raccolta in cui "Barcelona" è rappresentato da quattro canzoni (titletrack, The Golden Boy, How Can I Go On, Guide me Home), quattro su sette canzoni effettive in scaletta. Eppure, nel corso della mia personale Queen-mania l'ho completamente sorvolato questo bizzarro side project di Freddie, un po' per i miei preconcetti dell'epoca, un po' perchè l'unica di quelle canzoni a piacermi veramente era "The Golden Boy"; "Barcelona" addirittura la consideravo giusto appena meglio di "Who Wants to Live Forever", vale a dire tanti effetti speciali e poca sostanza, e sbagliavo, almeno in parte. Ma procediamo con ordine.

La regola generale rimane comunque che pop e lirica è meglio tenerli ben separati, inutile star qui a elencare tutte le mostruosità scaturite dal crossover tra questi due mondi, l'immaginario visivo repellente, i "Nessun Dorma" ancora più repellenti e trashate mediatiche varie. Il punto è che "Barcelona" è un'eccezione, non la regola, purtroppo e/o per fortuna. Comunque sia, ho fatto bene ad approcciarmi solo ora a questo album breve ma squisito e pieno di spunti interessanti. Ora che ho una conoscenza diretta e circostanziata della musica lirica, ora che so effettivamente chi era Montserrat Caballè. Chi era Montserrat Caballè, quindi? Diciamo pure la più completa, se non la migliore interprete dell'opera italiana della sua generazione, specialmente per quanto riguarda i ruoli più "nobili" del repertorio belcantistico e verdiano, da Norma e le Regine di Donizetti fino a Leonora nel Trovatore ed Elisabetta di Valois nel Don Carlos. Ma soprattutto, era un soprano lirico pieno, potente, espressiva e dotata di un timbro inconfondibile, il primo e imprescindibile requisito per una diva di prima grandezza. La regina dei pianissimi, così la chiamavano, così come Renata Tebaldi è passata alla storia come voce d'angelo. Appellativi meritati, in entrambi i casi, ma in entrambi i casi assai fuorvianti. Montse era un'interprete completa, con potenza drammatica a volontà oltre che acuti dolcissimi e fluttuanti; caratteristiche che le hanno permesso di interpretare un'atipica ma assai convincente Salome di Richard Strauss e Oscar Wilde, cosa che la distingue da tutti i soprani lirici specializzati nel repertorio italiano a lei contemporanei. Insomma, tanto quanto Freddie (su cui non mi pare opportuno dilungarmi più di tanto) era un'eccellenza assoluta nel suo ambito, Montse lo era nel proprio.

Va bene, ma dall'unione di due eccellenze non risulta necessariamente un'eccellenza mi direte, giustamente. E qui arriviamo a quello che distingue "Barcelona" da operazioni apparentemente simili: questo non è un album di canzoni dei Queen con orchestra e soprano piazzati a casaccio, e nemmeno di arie d'opera bastardizzate in chiave pop; no, è un progetto serio e ambizioso, ben studiato, e soprattutto con inediti ad hoc. Ora, la titletrack: i primi due minuti strumentali sono un "preludio" di grande impatto, e quel crescendo di gusto arena-rock, decisamente non la mia tazza di tè, si inserisce nel contesto dell'epoca, di ciò che i Queen producevano in quel periodo. No, non l'ho mai sentita mia, "Barcelona", ma ora posso apprezzarla per quello che è, e riconoscerne in valore.

Ma l'album ha di meglio da offrire, a partire da "Guide Me Home" e "How Can I Go On", gli episodi meno ambiziosi dell'album ma entrambi instant classic perfettamente riusciti, con melodie che occhieggiano felicemente a certo pop radiofonico anni '60, aggiungendoci "steroidi" ma senza esagerare, e due voci che si completano perfettamente. A proposito, occorre dire che, se Freddie canta sempre e comunque, beh... come Freddie, la Caballè nel 1988 era nella fase discendente della sua carriera, complici forse alcune scelte di repertorio parecchio azzardate come Turandot, Gioconda e Medea (lei rimaneva comunque un soprano lirico), ma qui regge magnificamente la scena anche con un filo di gas, semplicemente sfruttando la bellezza della sua voce. Non che le venga richiesto chissà quale dispendio vocale, per una come lei almeno, ma la bellezza e la personalità non si possono falsificare, e Montserrat ne dà prova anche in un contesto simile, da "ospite".

Di "The Golden Boy" ho già detto, e per ritrovare nel repertorio dei Queen una canzone di uguale creatività e ambizione bisogna tornare indietro fino a "Bohemian Rhapsody", che non cito a caso: le atmosfere di QUEI Queen, periodo 73-76, in "Barcelona" riaffiorano, anche se in forma diversa: in "La Japonaise" e "The Fallen Priest", soprattutto, anch'esse teatrali, piene di colore e di pathos, al tempo stesso neoclassiche e fuori dal tempo, insomma, tipici pezzi nel miglior stile Queen e, a proposito, c'entrerà qualcosa il fatto che Freddie ricompare in copertina senza baffi? In ogni caso, questi due giganteggiano anche senza effetti speciali, "Ensueno" è lì per dimostrarlo: è l'unica canzone in cui la Caballè è stata coinvolta direttamente nel processo creativo, e anche l'unica senza acuti e senza orchestrazione. Freddie e Montse si mantengono nel corposo, seducente registro basso delle loro voci, dialogando languidamente accompagnati dal piano e nient'altro.

Piccola nota stonata la conclusiva "Overture Piccante", nè overture nè piccante ma semplicemente un collage ti tutte le altre canzoni dell'album, decisamente ridondante e autocompiaciuto. Chiudere di slancio con "How Can I Go On" sarebbe stato decisamente meglio, ma va bene lo stesso. "Barcelona", nel suo essere leggermente bombastico, nel suo pagare pegno all'ethos dei suoi tempi, suona molto più genuinamente Queen rispetto a pastrocchi che non si reggono in piedi, con discrepanze vertiginose a livello stilistico e soprattutto qualitativo come "The Game" "The Works" o "The Miracle". Qui c'è uniformità e un'idea alla base, un collante fà di "Barcelona" un album e non una mera infilata di canzoni. Questo collante si chiama Montserrat Caballè, si chiama Popera, volendo, e tiene insieme arena rock e gospel, soul e pop radiofonico old style, crooning e ritonelli sing-a-long carichi di pathos. Che gli Dei li abbiano in gloria, Freddie e Montserrat, ve lo immaginate qualcosa del genere nel 2020, con Ed Sheeran e Anna Netrebko? Meglio non immaginarlo, credetemi.

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