Se ci fermassimo alle riviste cool, potremmo avere l'impressione che oggi il rock sia nelle mani di gruppi-cipria come The White Stripes, Franz Ferdinand etc (massì, pure gli Interpol).
Se davvero il rock oggi fosse tutto lì, non ci resterebbe che rispolverare qualche vecchio album, incazzarci insieme a Fugazi, Sonic Youth, Royal Trux, e rimpiangere i bei tempi.
Ma no.
Per fortuna a Londra non ci sono solo sedi di riviste hype. Ci sono ancora mille e mille palchi da pochi metri quadrati, e anche un mucchio di giovani davvero talentuosi.
È al Barfly di Camden Town che scopro (dopo anni e anni!) uno strano e sano, incazzatissimo rock che ai vecchi mostri sacri (americani) piacerebbe moltissimo. Loro arrivano lì dal Galles, si chiamano Jarcrew, e spaccano di brutto.
Voce, due chitarre, una tastiera, basso e batteria.
Riff schizofrenici, urla, ritornelli, cambi di tempo trascinanti; in più, un irregolare sudore elettronico. Furiosi, specie in Paris & The New Math e Komputer. Irresistibili: non puoi non dimenarti, e se non lo fai c'è comunque lui che viene a ballarti davanti mentre canta, e alla fine lo fai anche tu.
Neanche loro sanno spiegare bene che musica fanno: alla domanda, balbettano "noise-core", il chitarrista lo sento declamare sicuro "Fugazi" e "Les Savy Fav", mentre al mio collega Antonio pare che il batterista dica addirittura "Mogwai". Ora, il caro Anto' era ubriaco, e anche il batterista; e anche io, ora che ci penso. Ma Mogwai lo scrivo lo stesso.
Il disco omonimo (del 2003) cattura l'energia incredibile dei loro live acts; è per un'etichetta mai sentita (Gut Records), e nel catalogo Dischord ci starebbe alla grande.
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