Quando si ha a che fare con più o meno dichiarate promesse di un genere musicale è sacrosanto che le aspettative di ogni ascoltatore che si rispetti vengano elevate a sorta di patto. Ancor più quando il genere in questione è la rinomata musica del diavolo, non solo il rock'n'roll, ma qualcosa di più ancestrale e remoto come può essere il regno delle dodici battute, il blues.

Per le mani questa volta abbiamo un prodotto che farà sicuramente discutere, e non solo perchè l'autore in questione è stato scelto nientepopo' di meno che da mister Eric Clapton per condividerne il palco al famigerato Crossroads Guitar Festival, ma perchè in un frullatore full lenght da tredici brani il nostro ha deciso bene di mischiare una manciata di generi, almeno altrettanti approcci e un'arsenale di direzioni stilistiche capaci di sbigottire anche l'orecchio più smaliziato. Dopo un inizio a squilli di tromba che lascia un po' interdetti e la sensazione d'avere per le mani un prodotto forse sin troppo patinato ci lasciamo trascinare nell'ascolto d'un apertura al limite del soul, dove l'unico tratto del pedigree all'occhiello è una chitarra decisamente grassa e fuzzy. Una voce pulita ed educata si districa bene su un tappeto rockeggiante ed un bridge che sfiora un ammiccante falsetto. Il disco prosegue sulle note più tradizionaliste e mid-tempo di una "When my train pulls in" cadenzata e ipnotica, un riff sussurrato con delle aperture che non aspettano altro di lanciare un solo di razza che ci fa capire subito in che territorio ci troviamo. Qui si ha a che fare con un purosangue dotato di gusto e di tocco e subito alcuni dei dubbi avuti in precedenza cominciano a perdersi seminati in un territorio di echi e wha-wha capaci di convincere anche i più scettici.

Giunto il momento della title-track Gary Clark Jr. pensa bene di tornare a mischiare le carte in tavola su una base di rimando hip-hop, dove la chitarra che ci aveva estasiato nel pezzo precedente si trova relegata ad una parte da comprimaria. "Bright Lights", al contrario, pezzo già osannato grazie alla presenza nel precedente LP dell'autore ci riporta dritti in un blues moderno e urbano, una chitarra che sembra sibilare pronta a mostrare gli artigli e graffiarci. Il cantato più convinto, il tiro deciso. Solo nuovamente ad altissimi livelli che ci fa capire in definitiva il perchè dei titoli altisonanti dedicati al giovane di Austin, Texas, nuovo messia incaricato di portare avanti il fardello del rock nel mondo dove invece si sente sempre più spesso ripetere "il rock è morto". La parte centrale del disco scivola via tra un rock blues scafato e qualche pezzo dove la tensione scema per lasciare spazio ad un paio di ballate che strizzano l'occhio alle aperture di mercato. Cruccio del lavoro del chitarrista texano può sicuramente essere la mancanza di un filo d'Arianna capace di insinuare confusione e instabilità all'ascoltatore. Sicuramente la versatilità può essere un pregio, ma un disco talmente eclettico può anche far pensare alla cattiva fede di chi vuole accaparrarsi una forbice di pubblico ampia ed eterogenea. La direzione sembra riprendere con la cavalcata "Third stone from the sun" dove il suono torna su lidi sicuramente più consoni alla chitarra di Clark Jr. e lascia intravedere spazi al limite e fraseggi al confine con lo psichedelico. "You Saved Me" getta di nuovo nella mischia il dubbio dichiarato sopra.. Dove vuole andare a parare?!? La risposta ce la da l'ultimo brano del cd dove parte uno stomp al piede, il suono di una slide acustica, una voce filtrata e la sensazione d'essere sulla ballatoia di una casa in legno del delta, tra le zanzare e l'odore della palude.

Gary Clark Jr. non ha la più pallida idea di cosa farà, ma sa bene e anche molto da dove viene. Conosce le sue radici, conosce il limite di affrontare un repertorio probabilmente già masticato e anche di doverlo affrontare all'ombra di accostamenti scomodi con mostri sacri che l'hanno preceduto nelle decadi. Quel che è certo è che il talento non manca anzi, è debordante. Quasi troppo, quel troppo che lo porta a strafare e a voler mettere le mani in troppe paste diverse. Da parte sua è giovane e ha già dato il via ad un culto che lo vede osannato ai suoi concerti, protagonista degli apprezzamenti dei suoi colleghi e incensato dalle parole di molti recensori. L'album secondo il mio modesto parere non è ancora nè carne nè pesce, ma lascia presagire un futuro che, se inquadrato in un verso o in un genere più genuini, vedra il musicista veleggiare verso gli alti livelli presupposti. Una scommessa, ma una di quelle scommesse che ti fanno sognare e ti fanno dire.."Dai che da questa manciata di dollari ci faccio una fortuna". Voto alto per suoni, produzione ed idee.. per la perfezione manca l'unità del messaggio, la rotta tracciata dall'inizio alla fine dell'opera. 

 

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