'Non é facile la vita dei pastori in Aspromonte' scriveva Corrado Alvaro, un autore calabrese della prima metà del '900, nell'unico dei suoi lavori conosciuti e famosi della letteratura italiana di tutto quel periodo, 'Gente in Aspromonte', e l'unica opera di successo scritta da un calabrese.

Se la vita dei pastori nel libro di Alvaro é difficile, quella di Gavino Ledda é stata 'impossibile' dall'infanzia alla giovinezza fra le montagne della Sardegna, nei paesi di Siligo e Baddevrustana (in provincia di Sassari, ndr/nota di recensore), sotto un padre autoritario e violento che lo aveva ritirato dalla scuola elementare dopo pochi mesi di frequenza, avendone bisogno nel lavoro con le pecore, essendo la famiglia povera.

E subito un lungo percorso di umiliazioni e sacrifici, finché durante il servizio militare non nasce in lui il desiderio di continuare a studiare per laurearsi (avendo ottenuto già due diplomi necessari in due momenti della vita qui) che il padre e il resto della famiglia provano a ostacolare, vista la mentalità della gente di Siligo legata al lavoro e condizionata dalla povertà, fino alla partenza del protagonista per lavorare come insegnante in una scuola privata di Salerno.

L'autore si forma in un periodo importante della storia italiana, dalla Seconda Guerra Mondiale nel suo pieno (siamo nel 1944) ai primi anni '60, passando dalla trasformazione economica della società italiana da agricola a industriale e le sue conseguenze profonde sulla popolazione e l'emigrazione di molti italiani, soprattutto del Sud, verso l'estero.

Con 'Padre padrone' ci avevo avuto a che fare alle medie, studiando sul brano del ritiro a scuola del protagonista sul libro di studio, e colpito al cuore dal dialogo fra la maestra e il padre del protagonista sui motivi del ritiro del figlio, ancora da ricordarmene con il passare degli anni. E ci sono arrivato pochi mesi fa avendolo trovato in un bar su uno scaffale di libri dedicato allo scambio di libri, il 'book crossing'.

Un libro pieno di momenti di violenza e non meno di frasi sarde che mi ha portato stranamente a ricordare Nico, il personaggio sardo di Giovanni del gruppo comico 'Aldo Giovanni e Giacomo', che risolve molte situazioni negative a 'cazzotti!' (e racconta di come i sardi li usino per molte situazioni) e nomina tante parole inventate legate a cose e situazioni che in certi casi cambiano se cambiano le circostanze (vedete i video del personaggio su Youtube, di 'Mai dire gol').

Ma che mi ha ricordato, normalmente, i ricordi di mio padre quando era piccolo in Puglia, in un periodo non molto lontano da quello del libro, che aiutava mio nonno e qualche suo fratello con le pecore e per gli ambienti naturali raccontati in qualche canzone di Fabrizio De André ambientata nei luoghi dove aveva abitato (nell'album del brano 'Fiume Sand Creek' dell' '81) e dove aveva affrontato il rapimento (nel '79).

Un libro assolutamente da leggere, che mi ha emozionato per un tipo di storia di riscatto dalle difficoltà culturali e sociali di un ambiente di un altro tempo, avendone sentite tante, soprattutto da parenti.

E che sta facendo crescere la voglia di vedere la Sardegna delle montagne, più di quella del mare, ora che sono concentrato su alcuni posti della Toscana per motivi legati alle mie passioni (come quella del libro 'Maledetti toscani' di Curzio Malaparte, che ho recensito due anni fa).

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