I Gaznevada sono stati la scintilla del punk italiano. Citando Ruggeri, "Punk prima di Voi". Ed è proprio vero.
Nel lontano 1977 erano i "Centro d'Urlo Metropolitano" poi rinominati "Gaznevada", vivevano nella Bologna post '77, e lo (si) facevano nella Traumfabrik, la Casa dei Sogni, dove si riunivano oltre a loro Pazienza, Scozzari, e Tamburini e Liberatore e Renato De Maria, per citarne alcuni.

Questa cassettina (rimasterizzata recentemente e venduta su CD assieme ad un libretto illustrativo) può considerarsi simbolo del punk grezzo, sudicio, emiliano che in concomitanza stava nascendo a Londra nella mente geniale di Malcolm McLaren. Ma mentre i Sex Pistols erano quelli senza possibili cambiamenti o risvolti, i Gaznevada, nascendo nella più rivoltosa città universitaria di sempre, non si limitano ad essere punk, ma elaborano suoni sperimentali, fusioni tra generi che ancora dovevano nascere e che già loro univano in un unico amalgama schietto, incazzato, sognante e innovativo.
L'album si compone di "9 pezzi nocivi che ti infettano come una lametta sporca sulla carne bianca di un bambino" (Luca Frazzi), nove pezzi che danno via all'era punk italiana, che accendono la miccia dei ribelli bolognesi. Ascoltando quest'album ricorderete l'odore delle molotov, le notti in università, il fumo buono ma soprattutto la "benza".

La traccia di apertura è assolutamente fuorviante, nel più becero stile punk: ci troviamo davanti ad un reggae classico, monotematico, urlato in distorsione da Billy Blade, che ci spiazza di fronte alle aspettative dell'album. La prima volta che la ascoltai pensai di aver sbagliato disco, in effetti. Ma dopotutto, "Everybody enjoy with reggae music!".

Ma ogni dubbio viene velocemente fugato dai 2 minuti e rotti di "Criminale", graffiante, acida, con un testo che potrebbe fare impallidire chiunque: "Ho una mente criminale, godo solo a fare male, spacco i tubi alle latrine, sodomizzo le bambine! / La pistola uso bene, quasi meglio del mio pene, voglio fare il bocchinaro, mi farò pagare caro, molto caro!". E' il manifesto bolognese. E' il NO FUTURE italiano.

Segue "Donna di Gomma", sperimentale, le tastiere e i sintetizzatori di Nico Gamma si fanno sentire, assieme al sassofono di Billy Blade: siamo alla fusione totale, chitarre punk distorte, sintetizzatori new-wave, sassofoni pop anni '80, arpeggi reggae in pieno stile Police. Quello che mi ha stupito non è la "bellezza" della canzone, ma la sua genialità, constatata nel tempo in cui è uscita, è innegabile.

Dopo questo "ritorno al futuro" troviamo "Bestiola", un rock sincopato in pieno stile Ramones, testo tendente al demenziale non-sense, come Bologna insegna (Skiantos su tutti).

La quinta traccia è il singolo, il capolavoro, quello che ogni giovane universitario bolognese di quegli anni ha cantato almeno una volta, probabilmente qualcuno ha anche richiesto venisse adottata come inno ufficiale del DAMS: "Mamma Dammi la Benza". La Benza in questione palesemente non ha nulla a che vedere con il vile oro nero. La Benza è il più bel misunderstanding che si potesse cercare e creare, la Benza che vorresti dalla mamma, (e che magari qualche fratellino minore si è trovato a canticchiare dopo averla ascoltata più e più volte dallo stereo che pompava dietro la porta chiusa del fratello maggiore) non è la Super, ma un farmaco psicostimolante noto anche come anfetamina, i cui effetti sono onomatopeicamente raccontati dai testi ma soprattutto dai suoni della medesima canzone: ritmo veloce, incalzante, ansimante, urli e mugugni del cantante con la mascella tirata, deliri piscotici dalle tastiere e dai sintetizzatori e la chiusura con la frase "Andy Warhol" racchiudono in 3 minuti la realtà delle notti bagorde che ognuno di noi ha vissuto.

Segue, a mio avviso, il lavoro supremo dei Gaz: "Teleporno T.V.". La canzone, della quale è stato fatto un videoclip diretto da un giovanissimo Renato De Maria, è una premonizione sulla Porno Televisione, un delirio di sintetizzatori distorti, chitarre graffianti, vocalizzi sessuali e urla quasi disumane, in un vortice di assoli di chitarre e sax assistiamo alla conclamazione della TelepornoVisione che dopo pochi anni vedrà veramente coinvolte varie emittenti televisive. Il succo è tutto nel ritornello: "Posso fare il guardone con la mia TelepornoVisione!", ed in effetti il futuro che abbiamo vissuto è proprio quello di "guardoni delle tele-porno-visioni". Apocalitticamente profetica.

"Johnny (Fallo per Me)" musicalmente mi sembra più un esercizio per far collaborare chitarre e sassofono. Interessante invece il testo, che cerca di convincere questo sedicente Johnny di lasciar perdere con idee suicide, e di farlo "per me", in nome di una presunta amicizia, senza apportare giustificazioni più concrete.

"Roipnol" si descrive da sola. Troppa metedrina, troppe anfetamine, baby, non stai zitta, ci stai rompendo i coglioni, fatti sto roipnol così te ne stai buona.. Anche questa è un'ottima descrizione delle giovani serate della generazione punk italiana. Splendido il finale con il notiziario radio che informa dell'agguato a Torino ad una pattuglia di Polizia da parte di un Commando di Prima Linea.

L'album si chiude nel migliore dei modi, con "Nevadagaz", sincopata, veloce, mista a sax e sintetizzatori, un testo splendido, dove si parla di "presidente della camera a gas", di Berlino Est, operai della Ford suicidi, grattacieli di New York. Un attacco globale al sistema, che sia Berlino Est o New York, accompagnato da assoli di synth come in Italia non eravamo abituati a sentirne.

Ogni volta che ascolto questo album non posso non pensare che sia in assoluto il migliore manifesto della Bologna degli Anni di Piombo, il diario di una generazione che lottava col sistema e con i barbiturici e le anfetamine, una generazione che aveva la Casa dei Sogni dove poter contaminare le menti anche se poi la realtà ha spento il sogno.

Alcuni membri dei Gaznevada, giusto per essere sicuri che dei sogni non fosse rimasto alcun mozzicone acceso, decisero dopo qualche anno di passare alla dance-music. Fortunatamente dopo qualche piccolo successo il tutto è andato in malora, perchè è bellissimo essere sperimentali e creare un punk rock contaminato da sintetizzatori e sax, ma da qui a fare della disco dance suonata sulla riviera nei locali pieni di tedeschi in sandali mi pare eccessivamente eccessivo. Anche per i Gaznevada.

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