Dopo aver scaricato senza troppi indugi il vocalist Ray Wilson, i Genesis (in fase di standby) decidono di ripescare tra i loro archivi alcuni brani "lasciati per strada". Ecco allora che nel 1998 esce "Archive 1967-75", dove in 4 cd si ripercorrono le tappe dell'ascesa del gruppo dal timido "From Genesis to revelation" alla fama mondiale.

Nel 2000 (quasi in sordina) è la volta di "Archive #2 1976-92". Se i Genesis gabrieliani avevano registrato praticamente tutto ciò che avevano composto (Archive 1967-75 è più che altro una raccolta di "live inediti", con pochissime perle scartate dai primi album), i Genesis guidati dal camaleontico batterista avevano sfornato dischi scalaclassifiche, abbandonando quasi totalmente la sperimentazione e la complessità che li avevano contraddistinti in passato.

Il talento però i Genesis non l'avevano perduto, in questa raccolta infatti è contenuta buona parte delle idee sacrificate alla classifica. Il primo dei 3 cd che compongono "Archive #2" è forse il più interessante: 11 brani inediti più un inutile remix di "I can't dance". "On the shoreline" è un bel pezzo. Parte con un'introduzione alla "No son of mine", ma poi si rivela ben più interessante, con un buon testo e delle sonorità rilassate, ma non stucchevoli. Dopo le insulse "Hearts on fire" (con un bel giro di basso però) e "You might recall", Banks ci dona "Evidence of autumn" (scarto di registrazione di Duke), con sonorità tipicamente care al tastierista: malinconiche ed, appunto, autunnali. A seguire "Do the neurotic", uno dei pezzi migliori della raccolta. E' uno strumentale (come da titolo) molto aggressivo e inusuale per i canoni dei Genesis di allora: la chitarra di Rutherford è perennemente in primo piano (qui gioca a fare l'Hackett). Collins alla batteria scandisce un ritmo veloce e potente, mentre le tastiere di Banks qui fungono da ricamo, per 7 minuti di progressioni strumentali. Francamente stupisce la sua esclusione da "Invisible touch" (no, a pensarci bene ne comprendo il motivo).

Il poppettino collinsiano di "I'd rather be you" è scadente, mentre i brani seguenti sono quasi tutti riusciti. "Naminanu" pare un abbozzo di qualcosa di incompiuto, è in realtà un semi-strumentale (l'unica parola che Collins ripete più volte è Naminanu) con un vago retrogusto jazzato. Non avrebbe sfigurato su "Abacab", anzi. Arriviamo così ad un'altra perla, la meravigliosa "Inside and out". Composta anche da Steve Hackett presenta due parti ben distinte: nella prima ricorda i brani più delicati di "Wind and wuthering", nella seconda presenta una decisa impennata strumentale grintosa ed inusuale (molto del merito va al chitarrista) che la rende pienamente progressiva. Collins appare in gran forma alla voce in "Feeding the fire" e le chitarre rendono il pezzo molto aggressivo. Il testo di denuncia completa la "positività" del brano (ovviamente "scartato" da "Invisible touch"). Il piacevole strumentale "Submarine" chiude al meglio il disco.

Il secondo cd è composto da materiale live, mentre il terzo è un misto dei primi due: remix, inediti e brani dal vivo. Il tutto appare meno interessante, ma almeno 3 pezzi rendono il disco appetibile. "The day the light went out" (dalle sessions di "Abacab") ha un andamento vivace, con le tastiere in primo piano. Presenta però delle atmosfere più "oscure" nel ritornello. "Pigeons" è una divertente marcetta, che si avvale di un testo molto divertente e di un Collins ispirato alla voce. "It's Yourself" è invece la "composizione" più ingiustamente dimenticata dal gruppo, ed il motivo è incomprensibile. "Scarto" di "A trick of the tail", riprende alcuni temi musicali presenti su Los Endos. L'introduzione cantata lascia il posto ad uno strumentale dolce, ipnotico, rarefatto. Sul finale delle voci appena udibili (e probabilmente registrate al contrario) chiudono il tutto meravigliosamente.

Il giudizio è 4/5 per i fan dei Genesis, 3/5 per gli altri.

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