George Thorogood, parafrasando il suo cognome è un piccolo torello del rock blues. Animalesco con la sua inseparabile Gibson, dal vivo è una forza della natura. Nella seconda metà degli anni settanta uscì allo scoperto rinfrescando le canzoni dei grandi padri del blues nero, ricoprendole di sudore e arricchendole di nuova forza. Persino i Rolling Stones, lo vollero al loro fianco durante la tournee di "Tattoo You" nel 1981. Onesto operaio del rock, non ha ottenuto la grande ribalta se non per il brano Bad to the bone, rock anfetaminico dal classico giro blues, che qui in Italia fu messo come sigla della trasmissione "blob", agli albori della sua nascita.

Questa che recensisco è una raccolta uscita nel 1992, che affianca famose cover a canzoni originali. Da sempre accompagnato dal suo fido gruppo The Destroyers, composto da Jeff Simon alla batteria, Bill Blough al basso a cui si aggiungerà il sax di Hank Carter.

Dopo l'esordio avvenuto nel 1977, da cui viene tratta "One Bourbon, One Scotch, One Beer" cover di John Lee Hooker, nel 1978 pubblica "Move It On Over" da cui vengono ripescate altre due cover , la title track, un classico country di Hank Williams resa elettrica e la graffiante "Who Do You Love" di Bo Diddley.

Con il sopraggiungere degli anni ottanta, le composizioni a suo nome aumentano, abbiamo così la già citata "Bad To The Bone", "Gear Jammer" hard-blues dove sfoggia la sua abilità con la slide e dove compare il sax che caratterizzerà le canzoni del nuovo decennio, "I Drink Alone", il rock'n'roll di "If You Don't Start Drinkin'" e "Long Gone". C'è ancora spazio per "Louie to Frisco" di Chuck Berry con il quinto stones Ian Stuart al piano. Stuart che sarà anche suo produttore.

Il suo stile torrenziale lascia poco alla mera tecnica, preferendo l'impatto e la potenza. I suoi dischi, che negli anni ottanta e novanta continueranno ad uscire si assomigliano un pò tutti e non presentano mai grandi stravolgimenti di stile. Da più di trent'anni è rimasto fedele al suo hard-boogie-blues anfetaminico che può trovare paragoni nei primi ZZ Top o AC/DC. Dischi  fatti per essere riprodotti dal vivo, dove Thorogood instancabilmente da il meglio di sè stesso. Giusto lo scorso mese è uscito il suo nuovo lavoro che, per non smentire nessuno, è diviso equamente tra cover e composizioni originali. Se dovesse capitare in Italia sarebbe bello assistere ad un suo concerto prima che il tempo (classe 1950) gli rubi l'energia che ancora sembra possedere.

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