Se dovessi pensare a un'isola in cui rifugiarmi non avrei dubbi, non sarebbe nei caldi mari del sud ma alle Ebridi a nord della Scozia.

Ci sono molte cose che mi legano alla Scozia, anzitutto il mio cognome tra l'altro molto popolare in quelle terre, l'aria gelida e i colori freddi che mi hanno sempre aiutato a pensare, l'abbondanza d'isole dalle storie spirituali e mitiche, così lontane dalla civiltà occidentale da riportarci all'età della pietra, e poi, la musica.

Mi piace l'idea che in queste terre gli uomini indossino il kilt, il tipico gonnellino scozzese in stoffa tartan, perché vuol dire che per loro la gonna non è considerata un tipico 'indumento femminile', e la cornamusa non è un giocattolo ma uno strumento che produce un terribile suono per dimenticare la paura e la morte in battaglia.

Mi piace la Scozia perché non è l'Inghilterra, ed è forse la cosa che apprezzo di più da questa genesi familiare. Forse avrei preferito una provenienza diciamo più 'ospitale' perché in queste terre anche le mucche sono costrette a ricoprirsi di un manto lungo e fitto per superare gli inverni rigidi e ventosi delle brughiere scozzesi. Insomma, oltre ad essere nata in gennaio non ho neanche la soddisfazione di pensare a un'origine calda e ospitale perché in Scozia arriva, come una furia olimpica, il vento ghiacciato direttamente dal Polo nord, senza ostacoli. Nemmeno i romani entrarono in queste terre, anzi, per evitare ogni tentazione costruirono un muro per separare la Scozia dall'Inghilterra. Mòran taing!

Se però penso alla mia innata voglia di solitudine e al fascino che ha sempre avuto su di me il vento freddo che viene dal mare, impregnando la pelle di gocce gelide e fitti aghi ghiacciati sulla carne, allora credo proprio che qualcosa della Scozia mi è rimasto dentro.

Il mare del Nord è blu, come può esserlo il ghiaccio imbevuto del colore blu di Yves Klein, acqua densa al tatto di un mare profondo e difficile da navigare, con i blocchi di ghiaccio che scivolano verso la prua alta delle imbarcazioni, mentre lungo la costa e i bordi delle insenature foche e trichechi riposano sopra i cumuli delle alghe. Con il cielo pieno di nuvole sempre in movimento, tra pioggia perenne e rari lampi di sole, con il rumore dell'acqua che s'ingolfa lungo i ruscelli o il fragore di cascate bianche e grigie di spuma. Pietre, muschio, torba, vento e acqua così ricordo la Scozia...

Lo sapete tutti, ormai, che non sono brava a scrivere recensioni musicali per cui non parlerò di note e di musica, di strumenti o di sonorità speciali presenti nei brani, non parlerò di gruppi musicali perché non saprei da dove iniziare, e se anche ci provassi, non arriverei da nessuna parte. Però... voglio spiegarvi perché io piango nella mia testa quando sento Gerry che canta Baker Street o Nutini in These Streets.

C'è una piccola città in Scozia che si chiama Paisley (o Pàislig in gaelico) dove sono nati due cantanti che conosco: Paolo Nutini uno scozzese di origine italiana e Gerry Rafferty che avrebbe potuto essere facilmente un Jhon Lennon scozzese.

Piango dentro di me perché so cosa può fare il grigio della pioggia che sempre ti chiude la luminosità e la dolcezza del sole e della luce, e allora dormi, o ti chiudi dentro le spire del dolore, anche se non capisci il motivo di questa disperazione che lacera a brandelli il tuo cuore, oppure 'fanculo, ti ubriachi per dimenticare.

Puoi essere bravo e capace di fare qualsiasi cosa ma se arriva la malinconia non c'è niente da fare. Scrivere musica è come rendere pubblico il tuo dolore, almeno sai che qualcuno può capire.

Gerry Rafferty nel 1978 scrisse una canzone, l'immortale Baker Street, che parla di come per tutta la vita un uomo cerchi di sconfiggere una bestia che rode e scava dentro la sua testa trascinandolo verso un degrado fatto di cadute e false speranze.

La musica, benedetta musica, può sostituire l'urlo della voce che sarebbe solo patetico pathos da tragedia greca. L'urlo del sassofono e la chitarra possono bastare, le parole cantate da Gerry in Baker Street sono invece come una dolce cantilena perché solo in questo modo la disperazione può interpretare se stessa.

Gerry Rafferty se ne è andato il 4 Gennaio 2011, probabilmente sconfitto proprio da quella malattia che ha sempre cercato di contrastare: l'abuso di alcol.

Vi lascio le prime strofe della canzone perché basta leggerle per capire, il resto lo trovate nel link.

Testo e la traduzione di Baker Street, di Gerry Rafferty (Album City to City) da M&B Music Blog - http://www.mbmusic.it/2011/01/gerry-rafferty-baker-street -

Winding your way down Baker Street
(barcollando giù per Baker Street)
light in your head and dead on your feet
(luce nella testa e morte nei piedi)
Well, another crazy day
(Bene, un altro pazzo giorno)
you’ll drink the night away
(trascorrerai la notte bevendo)
and forget about everything
(e dimenticherai tutto)

( ... )

https://youtu.be/Fo6aKnRnBxM

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