Non avrei mai dovuto occuparmi di questo libro. Leggerlo sì, ci mancherebbe, magari commentarlo con gli amici di fronte a una birretta tra un rutto e l’altro (“Chi non beve è un burfaldino!”). Tutto quello che volete, ma addirittura recensirlo, qualsiasi cosa significhi, proprio no. Sono cresciuto a pane e Gialappa’s Band, seguo i tre ragazzacci (già, è vero, sono rimasti in due!) da tempo immemore, sin da quando esercitavano le loro monellerie a Radio Popolare, che poi non è vero, perché il segnale di Radio Popolare qui, nelle Marche, non arrivava e internet non si sapeva nemmeno cosa fosse. Già, erano tempi barbari.
Questo pippone ad alta densità surreale serve essenzialmente a fornirmi una giustificazione: non avrei mai dovuto occuparmi di “Mai dire noi” (Mondadori, 2022) proprio perché sono un fan accanito della Gialappa’s Band. Non potrei mai avanzare una critica che è una nei loro confronti, non potrei mai affermare, per esempio, che Gialappa Show, in onda da qualche anno su La8, fa un po’ cagare, che è un programma frequentato da comici bravissimi a non far ridere. No, non lo scriverò mai, pertanto sono la persona meno indicata a raccontare il libro che ripercorre la vita artistica dei Gialappi: non sarei equilibrato, parziale, obiettivo. È una regola aurea della critica letteraria (se solo sapessi cos’è la critica letteraria e il significato di aurea): ti piace alla follia uno scrittore, un autore, un artista, un regista e vuoi scriverne? Lascia perdere, occupati piuttosto di argomenti a te invisi, parla di altro, di gente che non capisci, che non conosci, che non sopporti, vedrai che spettacolo! Una regola aurea della quale me ne sbatto, ecco perché vorrei dire qualcosa su “Mai dire noi” e raccontare, per quanto possibile, quello che vi si trova dentro.
Bene, dentro c’è tanta roba. Essenzialmente l’autobiografia (scritta con l’aiuto di Andrea Amato) di tre ragazzi che, negli anni ’80 dello scorso secolo, si divertivano a chiamare in diretta Radio Popolare non appena iniziava “Bar Sport”, un programma sportivo sui generis curato da quel geniaccio di Sergio Ferrentino. Dove, essenzialmente, si scherzava perculando il sacro, intoccabile mondo del calcio. Quei tre, che non si conoscevano tra di loro, erano talmente geniali e simpatici che Ferrentino cominciò a invitali in studio. L’inizio, in soldoni, fu questo, poi Giorgio Gherarducci, Marco Santin e Carlo Taranto avrebbero preso altre strade, fino ad arrivare, una volta separatisi da Ferrentino, alla televisione. Da autori prima, da protagonisti del piccolo schermo (pur rimanendo sempre fuori campo) poi, inventando format e linguaggi, diventando estremamente popolari, arrivando persino a girare un film di successo (“Tutti gli uomini del deficiente”), ma senza mai dimenticare la radio.
“Mai dire noi” non rappresenta il freddo elenco dei programmi condotti e ideati dalla Gialappa’s: è più che altro uno scrigno di segreti, di descrizioni di retroscena, dove si raccontano incontri più o meno fortunati, senza dimenticare di narrare gli episodi meno simpatici, le incomprensioni, gli inevitabili scontri. Pensavate di sapere tutto su Mai dire Gol e affini? Basta leggere questo libro per ricredervi. Per dire: avete idea di come andò la lite con Teo Teocoli? A grandi linee sappiamo tutti cosa accadde, ma, tra le pagine del volume, tutto è spiegato nei minimi particolari. Tanto che i tre, in vista della pubblicazione del libro, Teo lo hanno persino intervistato: non si sentivano dal 1995! Intervista per modo di dire, più che altro si tratta di una chiacchierata tra vecchi amici che si ritrovano dopo qualche piccola (si fa per dire) incomprensione. E di chiacchiere è pieno il libro, di interventi, di aneddoti, tra le sue pagine è possibile trovare persino certe battute autocensurate, alcune delle quali davvero terribili.
A partecipare alla festa ci sono quasi tutti: Aldo, Giovanni e Giacomo, Antonio Albanese, Claudio Bisio, Marcello Cesena, il Mago Forest, solo per citare i nomi più noti. Tutti pronti a testimoniare che i tre della Gialappa’s Band sono bravi non solo come autori di testi e come intrattenitori, ma anche (soprattutto?) a rendere l’ambiente di lavoro leggero e tendente al cazzeggio più estremo. Come spiega Walter Veltroni tra le pagine riservate all’introduzione: “Sono tre cialtroni geniali”.
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Altre recensioni
Di Boop07
"Eroi dei miei anni alle superiori con Mai dire Gol, Mai dire Maik, Mai dire Grande Fratello."
"Walter Veltroni li definisce ‘artisti’ e ‘personaggi del secolo’, anche se loro preferiscono restare ‘uno di noi’."