L'elettronica fluida, il basso corposo, la voce delicata. Un paesaggio urbano notturno. Ecco in poche parole cosa troverete in questo bel disco di Gianluca Lo Presti, autore dal curriculum alquanto variegato (si va da una collaborazione con Milingo - sì proprio il monsignore - a un disco insieme a Blaine Reininger dei Tuxedomoon) e che per questo lavoro parte col proposito dichiarato di svecchiare la canzone d'autore italiana. Obiettivo centrato in pieno, con brani tutti ben scritti e ricchi di suggestioni, ognuno dei quali regala qualcosa all'ascoltatore.
Autoprodotto nel 2007 e con distribuzione "carbonara" di Audiocoop, il disco si sviluppa lungo 10 brani tutti di matrice indie-elettronica, con sonorità che potrebbero ricordare di primo acchito i The Postal Service, ma molto più diluite, più discrete e molto meno solari. Anche qui è quasi totalmente assente la chitarra, sostituita da tastiere, sintetizzatori e soprattutto dal basso sempre in primo piano, spesso distorto.
Le danze si aprono con "Nevica su quattropuntozero": una riflessione ovattata sull'arrivo dei quarant'anni, in cui una drum machine marziale lascia piano piano spazio ad una base elettronica più sghemba, che nel complesso mi ricorda una certa synth wave anni '80. Il pezzo dà le coordinate dell'umore del lavoro: una serie di riflessioni pacate sullo stato delle cose, molto emotive e soprattutto molto interiori, senza rincorrere intellettualismi di sorta, ma con immagini chiare, istantanee che portano epifanie.
E' il classico disco per il quale si potrebbe finire a fare un track-by-track, quindi butto lì solo qualche spunto e vi invito ad ascoltare il materiale messo a disposizione sul sito dell'autore.
In generale il suono è quello di una certa new wave darkeggiante ben vestita con elettronica, che le toglie il velo tragico ed ossessivo per lasciare spazio a qualcosa di più riflessivo.
Bella "Le teste di Modì", che sale piano piano, con vago retrogusto psichedelico, per poi diventare sghemba proprio nei secondi finali. Echi di Battiato in "Piccoli Meccanismi Sincronizzati", ma sempre col vestito buono di un'elettronica mai eccessivamente invadente. Ecco poi le prominenti sonorità new wave di "Se mi tocchi tu", uno dei pezzi più tirati del disco, che mi ricordano i primi The Cure, quelli della Trilogia, anche qui con un sapiente utilizzo di elettronica e strumentazione più classica. Chiude il lavoro la ballata "Debole", coi delicati accordi di chitarra acustica a cui fanno da contrappunto echi di elettronica.
In definitiva un album davvero ben riuscito, che combina come detto tanti ingredienti a prima vista davvero distanti e che, se avete subito il fascino di certi gruppi degli anni '80, "suona" molto bene. Vi consiglio di vedere l'artista esibirsi dal vivo, coi brani che perdono poco della loro bellezza, acquistandone in immediatezza.
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