David Pirner! David Pirner cazzo, quello che si scopava la Ryder, quello di "Runaway Train"... Adam Duritz cazzo, quello di "Mr. Jones", quello che si scopava... chi si scopava Adam Duritz?

E di Doug Hopkins, che mi dite di Doug Hopkins? Nulla, vero? E forse in molto non lo conoscono neppure.E d'altronde s'è suicidato nel 1993, quindi...

La sua band nasceva nell''87 in Arizona, suonava root e musica in stile primi R.E.M., Byrds (che è quasi la stessa cosa) e rock non da classifica, ma l'avete capito dal furgone sgangherato in copertina. Questo disco, del 1992, è l'esordio dei suoi Gin Blossoms per una major, dopo l'autoprodotto "Dusted". Un'altra di quelle bands che solo nei novanta, solo dopo l'indigestione capellonesca della decade precedente, poteva giungere al grande pubblico, anche se non facendo il giro del mondo.

Il segreto fu nella durevolezza: bands come i R.E.M. hanno lavorato sodo, hanno fatto buoni dischi, ma per le charts mondiali (quindi anche americane) sono noti da "Out Of Time" in poi; allo stesso modo, anche altre bands minori hanno tenuto botta fino a trovare lo spiraglio, la luce, in quegli anni novanta. I Gin Blossoms e Doug Hopkins erano partiti subito benone, dato che questo secondo disco può già vantarsi d'una distribuzione di livello, ma Hopkins è un alcolista fuori controllo, ed ogni riunione in studio è una "nuova esperienza miserabile". Fu cacciato, lui, l'autore dei brani, dal resto della band, che comunque avrebbe contato sugli altri formers, per nulla sprovveduto, a cominciare dal vocalist Robin Wilson. A quel punto, la decisione di Doug fu tragica e, forse, inevitabile...

"New Miserable Experience" è un album che nasce sapientemente rock, tradizione e radioamicizia. Ci sono canzoni nate per finire sui circuiti giusti, come le iniziali "Lost Horizons"ed "Hey Jealousy" od ancora l'altro singolone "Found Out About You", tutto root radiofonico e senza acustiche, delizioso da far scorrere.

Folk root interamente elettrificato ma dalle melodie sin troppo riconoscibili è tradizionali, per brani come "Hold Me Down" od "Allison Road": quest'ultima è l'esempio principe quando si accostano i Blossoms alle sonorità dei R.E.M. prima mano.

Sfiorano il grunge in certi interventi chitarristici in "Hands Are Tied" ma ci si accorge un po' dappertutto, root o non root, che questi qui sanno come si suona l'alt rock di periferia che tanto piace a noi. Ed in effetti gli assoli col root non hanno quasi mai nulla a che vedere, ed anche nel resto di ciascun brano vi sono degli sfoghi di chitarre e delle scaraventate di batteria che certo il purista del genere non apprezzerà, ma che ai balordi come me paiono efficaci ed agevolano nel mandar giù un disco che altrimenti sarebbe stato fin troppo radiofonico da un lato, e tradizionalista dall'altro.

Il disco ha il demerito di scivolare in un finale troppo folkeggiante, ma è un ottimo esempio di cosa e di quanto ancora quegli anni avessero proposto, e di quante belle cose si suonino in periferia, lontani (anche se il successo non fa poi così schifo) dai clamori, a bordo dei furgoni scassati, in mezzo ai suicidi che non fanno notizia.

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