Si chiama paura di riuscire. Per un tennista, è quando nel set decisivo sei sopra cinque games a due e finisci per perdere sette a cinque. Per una band di musicisti "da bassofondo", è quando hai finalmente la chance di pubblicare dei dischi per una major, con tanto di promozione a tappeto, heavy rotations, videoclips eccetera, ed invece arrivano i dissidi interni, le crisi ispirative, le sbronze e i ricoveri, mentre la fiducia di chi t'ha messo sotto contratto va man mano riducendosi palesemente.

Qualunque cosa accadrà, pensarono i Gin Blossoms nel 1991, meglio "fermare l'attimo" e pubblicare quel poco che riuscirono fin lì a completare fra mille problemi. Perlomeno, se li avessero licenziati, se si fossero di lì a poco sciolti, se qualcuno di loro fosse destinato nel breve a finire in galera, in manicomio o sottoterra, perlomeno qualcosa di buono l'avrebbero pur fatto uscire...

E prima del successo di "New Miserable Experience" arriva questo secondo lavoro autoprodotto, questa volta solo un e.p.; dei cinque brani presenti, solamente "Just South Of Nowhere" si trova soltanto in questo dischetto; due sono i pezzi proveniente dal precedente "Dusted" ed altrettanti saranno nel successivo "New Miserable Experience".

La traccia chiave dell'e.p. è, singolarmente, proprio "Just South Of Nowhere", a mio avviso la canzone peggiore: rappresenta, nella sua geometria e nelle sue sonorità, tutta la gamma di influenze di questa band in poco più di tre minuti. C'è il gusto per la melodia di facile presa con delle "cadute ulteriori di tono" verso il country più classico; chitarre alt-rock e post-punk che inframmezzano tessiture-cantilene campagnole di quelli che, piuttosto che jingle jangle, sembrano arpeggi d'ukelele elettrici; in aggiunta, molta acustica di sottofondo... Insomma, tutta la musica chitarristica americana fino ad allora, metal escluso, dentro a strutture root-rock, pop e folkeggianti.

Dritte da "Dusted" l'ottima caramella root "Angels Tonight" e la punkeggiante e veloce "Keli Richards": come si può ascoltare, questi due brani si trovano, nel campionario di sonorità e stili dei Gin Blossoms, l'uno all'estremo opposto dell'altro. "Mrs. Rita", identica a quella che sarà inserita nel disco "New Miserable Experience", è un altro brano emblematico: un folk che sembra sempre (soprattutto nello special) voler volgere al rock vero e proprio, ma che non "trova mai il coraggio" di farlo. Alla restante "Allison Road", qui in versione "troppo acustica per un disco da major", l'anno dopo toccherà subire arrangiamenti troppo paraculosi, troppo amici della radio.

Ciò vuol dire, perlomeno, che un anno in più questa band l'ebbe a disposizione, nonostante fossero pressoché sbandati, avvinazzati, incapaci di gestire le emozioni ed i cambiamenti. Forse se i Gin Blossoms si fossero sciolti lì, nel '91, se i loro progetti e sogni si fossero arenati come la barca nel deserto di questa stupenda copertina, magari non sarebbero stati assaliti da certe ansie, e da riflettori troppo difficili da gestire con padronanza nell'immediatezza. Magari il loro leader Doug Hopkins non si sarebbe lasciato andare in quel modo con l'adorato alcool, e non sarebbe stato cacciato dalla "sua" band, da quella che tra qualche disco, se tutto fosse andato per il meglio, sarebbe stata "la band di Doug Hopkins"...

Oppure, come in generale molti sostengono, la musica allunga la vita a coloro che già di per sé sono dei disperati, destinati ad una fine atroce. E senza i Gin Blossoms, e quel disco per la major da fare a tutti i costi, la vita di Doug Hopkins sarebbe finita ben prima del 1993.

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