Ma la tempesta sono io, così sensibile, così libero...
La pioggia e il vento imperversano fuori dalla finestra, mentre un magnifico Fender Rhodes disegna poche note a corollario del richiamo disperato alla donna amata, infine gli archi e il falsetto, quel falsetto che ha fatto scuola nella popular music.
Signori e signori: Gino Vannelli. Ma non finisce qui: d'improvviso la canzone cambia prospettiva, in un trascinante jazz-fusion, nella migliore tradizione Weather Report.
Poi di nuovo gli archi in dissolvenza, una nota ripetuta che fa da preludio alla magnifica "Love me Now", manifesto di ciò che, suo malgrado, verrà titolata trivialmente come pop fusion. Così inizia "Storm at Sunup", terzo disco del grandissimo artista italo canadese, qui ancora fortemente debitore di Stevie Wonder, a sua volta sfegatato ammiratore del nostro.
Leggenda narra infatti che durante le pause di registrazione di "People Gotta Move", meravigliosa sua seconda fatica discografica, il buon Gino si fosse appisolato a bordo piscina dell'Hotel dove alloggiava, bruscamente risvegliato da una melodia di pianoforte e da una voce familiare. Nella Hall il mistero si disvelò: un tale Stevie Wonder stava cantando "Granny Goodbye" e fu avvisato da un membro della sua troupe che il tizio di "Crazy life" era lì, davanti a lui.
Niente male, vero? Da quel momento Stevie gli propose di andare in tour con lui, accrescendo la sua fama tra gli ascoltatori della Black Music.
Difatti "People gotta move", glorioso mid tempo funk, con chiare assonanze disco fu trasmessa in heavy rotation nella popolare trasmissione Soul Train, permettendo a Vannelli di scalare le classifiche di vendita.
Nel terzo disco però, Gino allarga le maglie dell'improvvisazione e dello spettro sonoro, già di per sè estremamente raffinato, variegato e sofisticato. Dimostrazione è "Mama Coco", che tributa "Music on My Mind" del su citato Stevie, nonchè "Hot Buttered Soul", di Isaac Hayes in chiave fusion, o addirittura, prog. Ci sono anche momenti intimate, come la splendida "Father and Son", tra Sinatra, Sam Cooke e George Michael, oppure "Getting High", polemico Pamphlet contro l'abuso delle sostanze stupefacenti come droga e alcool, disegnato da un basso rotondo, un sax stellare e il fido fender rhodes del fratello Joe.
Per non parlare della commovente "Keep on Walking", con un assolo di armonica da far sciogliere il cuore anche a chi crede che l'amore sia solo una faccenda da romanzo harmony. La vetta del disco, a mio avviso, stupefacente preludio dei capolavori a venire resta "Where Am I going", dove convivono felicemente Isaac Hayes, Weather Report, il musical di Broadway e il prog. "Love is a Night" è invece classicissimo Vannelli Style, quasi un'outtake di "Nightwalker", ma svariati anni prima.
"Storm at Sunup" non scalò le classifiche come il suo predecessore, ma di sicuro resta un disco meraviglioso, da rivalutare e da riscoprire, felice spartiacque tra la prima fase della carriera, pregna di sperimentazioni, ma ancora fuori fuoco sulla direzione musicale da intraprendere e la seconda, con i capolavori della maturità, ovvero "Brother to Brother" e "Nightwalker".
Correte ad ascoltarlo, cari amici, magari con un Martini in mano, brindando alla salute del nostro eroe Gino. Salùt.
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