“..il violoncello è uno dei pochi strumenti che occupano quasi l'ottanta per cento del tuo corpo e lo mettono in tensione..” *
E la tensione “corporea” del suo suono è la prima cosa che percepisci, appena “Works” inizia a roteare nel lettore.
Nel poker (“Terra aria” - “Terra acqua” - “Terra danza” - “Terra fuoco”) di brani che compongono la suite che apre questa raccolta, vibrano tensioni che incalzano l’ascoltatore, che si distendono sulla trama allestita dalle corde di una chitarra acustica, per tornare poi ad assalirlo con un vortice turbinoso, nel drumming di una batteria che di colpo scompare. Lasciando posto alla fresca contabilità del tema, portato sino alla sua esasperazione insistita che si placa per condurci dove la “terra danza”. E sciogliersi nell’eco che evoca il fuoco, in un trattamento elettronico della percussione operata sullo strumento.

Nato nel ’62 a Palermo, figlio d’arte, Giovanni Sollima è un compositore e violoncellista la cui carriera di esecutore inizia prestissimo in ambito classico, portandolo a collaborare, tra gli altri, con nomi del calibro di Giuseppe Sinopoli, Martha Argerich, Jorg Demus. Le indubbie qualità di interprete non lo confinano però nell’esclusivo ruolo di esecutore. La sua attività di compositore, anche solo a giudicare da quel che possiamo sentire nel disco in oggetto, sembra stimolata dall’idea di aprire tutte le porte per consentire l’ingresso di diverse attitudini e sollecitazioni, di più materiali sonori, nelle stanze della musica. Coadiuvato da un ensemble che conta componenti dei Bang on a Can e dello Steve Reich Ensemble esegue le proprie partiture che vivono della personale commistione tra elementi di classicità, rock, tratti del minimalismo e sonorità mediterranee, anche espresse dall’uso di strumenti provenienti da questa area.
Il disco, pubblicato nel 2005, raccoglie e documenta gli aspetti di un’attività multiforme, nelle premesse e nelle commissioni come negli esiti.
Così che in “Zobeide” si respira l’aria di un mediterraneo normanno, ipnotica e reiterata nei rimbalzi delle corde. E subito dopo si entra nella “ Prophecy of Dante”, parte di un lavoro da un profilo più classico, ma attraversato da squarci di moderna inquietudine “minimalista”, realizzato per di Festival "Il violino e la selce", su testo di George Gordon Byron.

L’elettronica è un altro elemento, presente ma mai invasivo, come in “Hell I”.
E tutte le tracce risultano assolutamente “godibili”, lontane da altre derive, a volte apprezzabilissime, alle quali conduce la ricerca applicata a simili materiali sonori.
Pur rappresentando uno spaccato, inevitabilmente parziale, in particolare per quel che concerne i lavori di destinazione teatrale, credo che “Works” sia un’ottima occasione per avvicinare un autore che, ad oggi, ha collezionato esecuzioni delle proprie opere affidate a Riccardo Muti, Gidon Kremer Yuri Bashmet, o interpretate da solisti come Bruno Canino,Yo-Yo Ma, Mario Brunello. Che ha realizzato coreografie per Carolyn Carlson, collaborando anche, in ambiti apparentemente inconciliabili, con DJ Scanner.
Almeno a ciò è valso per me, questo disco. Non mi resta che, sulla scorta di questi 12 frammenti, iniziare una ricerca nella discografia di una autore che sino a pochi giorni fa mi era assolutamente ignoto.

Una ricerca che, a giudicare da questa “anteprima”, dovrebbe riservare interessanti sorprese.
Per consentire al gentile lettore di intendere quale poliedrica natura attraversi il disco, allego alcuni estratti da ogni traccia. Mi auguro che per qualcuno l’ascolto si tramuti della medesima gradevole scoperta che è stata per me.
Sperando anche che chi conosce il lavoro di Sollima, sia così benevolo da fornirmi qualche indicazione in proposito.

Intanto lascio che “Notte”, la lunga traccia conclusiva di “Works” cali, sorprendentemente luminosa, nella stanza.



* dall’intervista che trovate in More info


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