Lulù in gita con Pennazzi, un road movie tra “come eravamo” “illusioni perdute” e vattelapesca.
Al ritrovo sotto casa ci guardiamo e ci mettiamo a ridere, sembriamo due tizi in fuga da una qualche casa di riposo per artisti. Io, a parte l’arruffo dei capelli, tutto sommato, son quasi ok, lui invece sembra una via di mezzo tra un pirata e la comparsa di un film di genere.
Certo, in Pennazzi c’è ancora parecchia gloria, il capello insiste nell’essere fluente, gli occhi esagitati continuano a correre da tutte le parti, il fare è sempre svelto e sicuro. Io invece porto segni più vistosi, la faccia è oramai simile a uno scheletro e ho due occhiaia che ciao. “Che hai fatto Lulù bello, hai lasciato l’uccello dentro una mungitrice?” “L’uccello? Quale uccello?” “Meno male che hai sempre quell’aria da coglione, cioè voglio dire da poeta” “Ahahah, Penna a te non ti incanto, lo so, ma, se ho usato l’uccello qualche volta, è proprio perché sto in mezzo alle nuvole”.
Comunque, sia come sia, ora si parte, dieci minuti fuori Imola e si respira, sto cavolo di appennino dei poveri ce lo abbiamo nel sangue. In macchina mettiamo il nostro disco da battaglia ovvero il live dei Doors e ci esaltiamo per quel suono mezzo cabaret e mezzo blues selvaggio. E poi cavolo, senti l’organetto che tremola e ti spacca in due, senti come Morrison tiene in pugno il pubblico: tensione, urla, silenzio e trallallero trallallà. “Sciamano del cazzo”, dice il Penna ridendo. “Illusionista dei miei stivali”, rispondo io. “Fossimo stati delle fighe gliela avremmo data alla stragrande a sto stronzo, vero?” “Fossimo stati delle fighe, saremmo stati delle groupies caro Penna.”
“Senti un po’ Lulu bello, ma l’ultimo delle capre l’hai sentito?” “No, com’è?” “Una merda, una specie di mosceria mezza wave quando va bene, una lagna che ti scendono i maroni il resto. In più si son messe a fare le intelligentone e in mezzo a sta brodaglia ci han messo il cinguettio degli uccellini e il rumore del frigorifero” “Da come ne parli, va a finire che mi piace” “Certo, coglione come sei, a te piace di sicuro”
Si, lo so, il salto da Jim alle ragazze capra è come minimo quantico, ma io e il Penna, qualche dischetto nuovo ogni tanto lo ascoltiamo. Solo che per lui il nuovo son robe alla King Hanna, Allah-Las o, appunto, le Goat Girl del primo album, ovvero cose bellissime, ma con coordinate un filino vecchiotte. Io invece, si sa, cerco le robe strambe, a me il ronzio del frigorifero piace parecchio e il cinguettio degli uccellini ancor di più..
“Sti gruppi -continua il Penna- son tutti uguali, fanno un bel dischetto, poi quello dopo l’annacquano come fa l’oste dei Magnaccioni, le caprette dai, il primo era bellissimo, ma già il secondo era una broda tipo spritz e io ogni volta che qualcuno ordina lo spritz mi vien voglia di menarlo”
Ecco, non è la prima volta che torniamo sul secondo Goat Girl che si, annacquato è annacquato, ma è anche una meraviglia. Un caleidoscopio pop che ti fa la giornata, sai quelle cose finestrino aperto e sole nel bicchiere? Sai gli Everything but the Girl in mezzo ai colori, il corso accelerato di psych qualcosa e tutti quei synth da nostalgia felice? “Va bene, va bene, è bellino e fila via che è un piacere -dice il Penna- ma io voglio il sugo, voglio la ciccia”.
E comunque per Lottie, la Goat cantante, ci siam presi una bella scuffia, del resto è il genere nostro, ovvero una tenera maestrina con super sorriso, io poi, per quel che mi riguarda, è dai tempi di “mi metto in tasca una piccola mela” che con le fanciulle sto messo così.
Il super sorriso di Lottie la prima volta l’ho visto sul tubo, fai conto l’intervallo di silenzio un attimo prima di sparare il riff, con lei che guarda l’altra chitarrista e in un attimo il visino le diventa una lampadina Osram.
Che poi anche il riff non ne parliamo, una specie di twang quasi rockabilly, un colpo secco e via. Ma quello era ancora il periodo primo album, una ventina di canzoni acerbe e ispide, un mix perfetto di stregoneria fine settanta e punkitudine scazzata, con annessa una verve piuttosto sul politico, che le caprette, a quanto pare, son di quelle che vogliono cambiare il mondo.
Intanto, il Penna, mi fa sentire i pochi pezzi che gli piacciono del nuovo album e ovviamente si tratai di quelli con più tiro.. Ce n’è uno dove le ragazze cantano come ossesse e i synth sparano una bomba che manco i Suicide. “Questo Lottie l’ha scritto da ubriaca, dentro voleva metterci un quintale di merda” Il pezzo finisce di deflagrare nel parcheggio del Bar Maria Stella e Astolfo, il proprietario, ci apostrofa così: “Oh, cavalieri dell’apocalisse, dite un po’, ma che cazzo ascoltate?”
Poi, di fronte a un aperitivo rustico, continuiamo il goat discorso. “Allora Penna, fan proprio così cagare le ballate che dicevi?” “Ce n’è un paio di carine, una spezzacuore e una che sembra un sogno, quella del sogno c’è anche un video, le ragazze chiudono gli occhi, si accoccolano vicino, fai conto un primo piano stretto sulle loro faccine, Lottie ha persino i brufoletti. Tu lo sai, io odio i video, per me son come il diavolo, come una maledizione, ma questo è proprio bello, una roba dolce dolce, mi è quasi sembrato una specie di Hanging Rock in bianco e nero” “Penna ripijati, stai a diventà poetico e, con la cartola che ti ritrovi, non è il caso…” Il resto della giornata potete immaginarlo e al ritorno abbiamo ascoltato Janis....
(Visto che il disco l’ha già recensito il Penna, lascio soltanto una zot). Via tutti i colori, solo ballate in bianco e nero, Suona qualcosa di triste, butta la spazzatura psichica. Suona qualcosa di assurdo, sono le aggressioni del mondo. Dolore e speranza si tengono insieme...è il giorno peggiore della tua vita? Oppure è il migliore? Immagino tutti gli strumenti a terra a fine rito: flauti, violini e quant’altro, non esattamente un armamentario rock. Infine gli interludi per prendere respiro, i tocchi avanguardistici un po’ saputelli, gli sprazzi di rock novantiano. (E, se Pennazzi leggesse queste ultime righe, dio solo lo sa quanto mi prenderebbe per il culo) Trallallà...
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